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Lesioni vaginali pre-neoplastiche (VaIN)

Da dottvolpicelli

condilomi acuminati

 

La vagina è una nicchia ecologica normalmente colonizzata da una flora polimicrobica. Oltre 70% delle donne asintomatiche presenta in vagina batteri aerobi ed anaerobi potenzialmente patogeni. Negli ultimi decenni Le infezioni da papillomavirus (HPV) hanno assunto una notevole attenzione scientifica sempre crescente a causa della sua correlazione con le lesioni neoplastiche del basso tratto vaginale.  I meccanismi naturali di difesa sono principalmente il muco cervico-vaginale, il trofismo delle mucose esterogeno-dipendente, lattobacillo di Doederlein, acidità vaginale estrogeno-dipendente (pH 4 – 4,5).  Al momento sono stati identificati oltre 100 tipi di HPV: più del 90% delle lesioni condilomatose (verruche) genitali sono associate ai tipi di HPV 6 e 11. I sottotipi di HPV ad elevato rischio oncogenico sono il 13, 16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 68. I ceppi maggiormente a rischio sono il 16 e il  18 (HPV 18 e 18), responsabili da soli del 70% delle neoplasie della  cervice uterina; gli stessi papillomavirus sono altresì responsabili di neoplasie del pene, dell’ano, della vagina, della vulva e dell’orofoaringe e oculari. 

Oltre all’HPV, altri fattori di rischio di VaIN sono la presenza di CIN e VIN, il fumo, l’immunodepressione e la  terapia radiante che può essere causa di stenosi e ulcerazioni vaginali. 

Le lesioni pre-cancerose vaginali (VaIN) sono lesioni rare (0.5% delle lesioni neoplastiche del tratto genitale inferiore, più rare dei carcinomi invasivi della vagina (1). Sono rilevate dalla citologia vaginale  e confermate da colposcopia e soprattutto dall’esame istologico, si distinguono in L-SIL e H-SIL. 
L-SIL: lesioni di basso grado – o CIN -I (displasia lieve che interessa solo lo strato basale dell’epitelio), regrediscono spesso spontaneamente entro due anni e raramente portano al cancro.
H-SIL: lesioni di alto grado – CIN II e CIN III (displasia media e grave); comportano invece un rischio più elevato di evolvere in carcinoma a cellule squamose.
Evoluzione neoplastica maligna avviene quando la lesione supera la membrana basale.

 

ETA’ MEDIA DI INSORGENZA – L’età media di riscontro della VaIN varia a seconda del grado della stessa: la VaIN III è più frequente nelle donne sessantenni, mentre il tpo VaIN I e II è più frequente nelle donne in epoca pre-menopausale (3). Ma sono state segnalate VaIN di alto grado anche in donne al di sotto dei 25 anni (4-6).

                             VaIN (H-SIL)

La VaIN è stata riscontrata isolatamente, sincrona o metacrona a neoplasie intraepiteliali cervicali e vulvari HPV correlate; l’associazione con la CIN è stata riscontrata nel 65% dei casi (4), quella con la VIN nel 10% dei casi (4,10). Tali associazione costituiscono, insieme alla multifocalità, un alto fattore di rischio per le recidive post-trattamento. 

EZIOLOGIA – Nell’eziologia della VaIN il papillomavirus gioca un ruolo primario similmente a quanto avviene nelle CIN e nelle VIN (14,15); le VaIN di alto grado sono quasi tutte correlate ad HPV ad alto rischio, nella metà dei casi HPV 16 (16), mentre gli HPV 16 e 18 complessivamente sono stati riscontrati nel 64% dei casi, con altri HR-HPV implicati negli altri casi (17). 

Altri fattori di rischio sono la radioterapia pelvica, l’immunodepressione e l’esposizione al DES nella vita endouterina. Nelle donne immunodepresse, sia per motivi iatrogeni (21) che in seguito all’infezione da HIV, è stata riscontrata una frequenza di VaIN fino al 5% della popolazione osservata (22-24), forse per un minor controllo immunologico generale e locale sulle infezioni da HPV oncogeni. 

CLASSIFICAZIONE VaIN

Le VaIN vengono classificate come per le altre lesioni intraepiteliali con potenzialità evolutiva in lesioni di basso grado (displasia lieve, o neoplasia intraepiteliale vaginale di grado 1, VaIN1) e in lesioni ad alto grado (displasia media e grave, neoplasia intraepiteliale vaginale di grado 2 e 3 e carcinoma in situ, VaIN 2 e 3). I criteri diagnostici per le varie categorie sono ben codificati; la riproducibilità per la diagnosi di alto grado è buona, mentre quella per la diagnosi di VaIN 1 non è alta; infatti viene riferita una sovrastima istologica (18).  Tra le lesioni interpretate come VaIN 1 quelle realmente di significato displastico sarebbero positive in immunoistochimica al MIB-1 (18).

Topografia
In oltre l’80% dei casi la localizzazione della VaIN è sulla cupola o alla porzione media della vagina o al 1/3 superiore della vagina  (colletto vaginale) . Questo è tanto più vero nelle donne isterectomizzate per CIN3-CIS (2). Per spiegare questa localizzazione preferenziale è stata invocata la comune origine embriologica della parte superiore della vagina e della cervice 
(2,3,5,7,11,12).

Diagnostica citologica
Il pap-test non sembra indicato come screening preventivo di massa per la diagnosi di VaIN (11-13, 35-37) mentre in caso di donne isterectomizzate per carcinoma il pap test dovrebbe essere sempre eseguito durante il follow-up per 10 anni. La citologia sarebbe sensibile per il riscontro delle VaIN 2-3 e dei casi con iniziale invasione; in caso di donne isterectomizzate per patologia benigna uterina sembra sia sufficiente un pap test ogni 2 anni (77-84).

Thin-prep – VaIN II

Diagnostica colposcopica
In presenza di un sospetto citologico è essenziale uno studio accurato della vagina mediante la colposcopia, cosa che va fatta anche in tutti i casi di lesione cervicale.
Dopo applicazione di acido acetico in presenza di VaIN possono essere riscontrate aree acetochiare (11), anche rilevate o papillari, con aspetto che può ricordare il puntato, o associate a mosaico (11). Tali lesioni sono più facilmente evidenziabili dopo applicazione di Lugol, quando appariranno iodochiare o iodoirregolari.

TERAPIA 
Nel trattamento della VaIN sono utilizzate  numerose tecniche; quelle escissionali hanno il vantaggio di poterci dare un pezzo istologico su cui indagare l’eventuale presenza di un carcinoma già invasivo altrimenti occulto (29,40) che si ritrova con frequenza variabile dall’1% (26), al 12 (30) e fino al 28% (31) dei casi.
In ogni caso la profondità minima di trattamento deve essere di almeno 1.5 mm nello spessore della mucosa vaginale: infatti lo spessore dell’epitelio interessato dalla VaIN varia da 0.10 a 1.4 mm (41) e questo è particolarmente importante quando vengano utilizzate tecniche distruttive, quali la vaporizzazione laser o la folgorazione. Si deve sempre considerare che la parete vaginale è in stretto rapporto con l’uretra, la vescica, il retto, il cavo del Douglas, e che lo spessore di parete che separa la superficie vaginale da questi organi può essere di 5-7 mm. Questa particolare condizione può esporre al rischio di complicanze anche importanti, soprattutto con le tecniche escissionali di chirurgia tradizionale, e spiega il rischio di morbilità della radioterapia.
I risultati dei trattamenti riportati in letteratura sono molto variabili con qualsiasi tecnica; nelle migliori casistiche la remissione avverrebbe nel 70% dei casi dopo un singolo trattamento, mentre il trattamento combinato chirurgico o chemio-chirurgico delle recidive permetterebbe la remissione in un altro 24% di pazienti (8).  

Recidive – I fattori di rischio per le recidive della VaIN, dopo la terapia, sono la multifocalità e la co-presenza di VIn e CIN (75).

Chirurgia a lama fredda
In caso di VaIN di alto grado con lesioni localizzate si può ricorrere alla colpectomia parziale prossimale o alle escissioni chirurgiche ampie; in caso di lesioni multifocali interessanti tutti i settori della vagina è stata proposta in passato anche la colpectomia totale, eventualmente associata all’isterectomia in presenza dell’utero. 

Si tratta di interventi che possono essere mutilanti e che, anche nei casi più conservativi, generalmente comportano un accorciamento più o meno consistente della vagina con conseguente difficoltà o impossibilità alle relazioni sessuali.

Anche in caso di colpectomia totale.  e susseguente creazione di neovagina è stata riportata la possibilità di recidiva di VaIN sulla neovagina! (8,42). La colpectomia parziale prossimale (upper colpectomy o upper vaginectomy), che prevede l’escissione del 1/3 speriore della vagina detto anche “colletto vaginale”, dopo isterectomia pregressa o contemporanea, potrebbe essere utile nel caso di lesioni di alto grado (H-SIL e Ca. in situ) che si indovano nella cicatrice della cupola o nei recessi laterali della stessa, o in casi selezionati di lesioni comunque colposcopicamente delimitabili al terzo superiore della vagina (68).

Si è dimostrata efficace (30,31,43), con percentuali di efficacia tra il 69 e l’88% (30) anche se sono state riportate recidive di VaIN di alto grado nella vagina residua e se è stata riportata l’evoluzione verso il carcinoma invasivo anche dopo questo intervento (30), pure ripetuto (8), forse da aree occulte di displasia. L’upper vaginctomy si è dimostrata utile, come terapia adiuvante e preventiva, dopo isterectomia, anche nei casi di cancro endometriale,  ca. in situ, e ca. vaginale invasivo superficiale.  Inoltre l’upper vaginectomy fornisce non un campione limtato di tessuto vaginale ma l’intera area di tessuto inficiato che può essere esaminato istologicamente in toto e che ha dato la possibilità di scoprire nel 27% dei casi un carcinoma occulto (40-43).

La tecnica della colpectomia parziale prossimale è ben descritta da Cardosi (9). Può essere effettuato per via laparotomica, vaginale o laparoscopica  tradizionale o robot-assistita (69-72).

Surgical procedures in laparoscopic upper vaginectomy. (A) The planned cutting margin was identified after iodine application via a speculum examination. (B) Excision of the stump peritoneum. (C) The vaginal stump at the site of dissection of the vesicovaginal and rectovaginal spaces through the scar tissue and the isolation of the bladder pillar. (D) The resection of the upper vagina. (E) The vaginal cutting edge is restored. (F) The dissected upper vaginal specimen.

Si tratta di un intervento che può comportare complicanze in percentuale variabile attorno al 10%: lesioni coinvolgenti anche gli organi vicini (lesioni del retto, degli ureteri, lesioni vescicali, fistole vescico-vaginali; queste ultime, fortunatamente,  quasi sempre guariscono spontaneamente con applicazione di Foley lasciato in situ per 3 mesi oltre che complicanze emorragiche (intra e post operatorie) e settiche (30). Fino al 22% dei casi non è poi stata riscontrata patologia all’esame istologico (30), forse perché la lesione principale era stata asportata anche incompletamente dalla biopsia con regressione degli eventuali residui.

Le escissioni chirurgiche ampie non sono state in grado di impedire comunque la recidiva in oltre il 30% dei casi e la comparsa al follow-up di carcinomi squamosi (40).
Per migliorare i risultati della chirurgia è stato proposto di associare l’escissione o la colpectomia parziale alla laservaporizzazione e al 5-fluorouracile topico.

Elettrochirurgia
La LEEP è stata utilizzata per eseguire la colpectomia parziale prossimale in caso di VaIN, in anestesia locale (29). I risultati sono stati buoni e in tutte le pazienti trattate con conferma di VaIN 2-3 è stato eseguito anche il trattamento complementare con il 5-Fu (29): in 15/15 pazienti considerate non c’è stata recidiva di malattia, la compliance al trattamento è stata ottima, non sono state osservate complicanze maggiori, le perdite ematiche sono state molto contenute. Peraltro sono state riportate con questa tecnica complicanze importanti anche se rare quali la perforazione del sigma (44). L’indicazione è per lesioni singole (28).
Non sono riportati in letteratura studi sull’uso dell’ago a radiofrequenza, che permette la resezione step-bystep come per il laser, ma che forse è tecnicamente più difficile da eseguire.

Laser CO2
Il trattamento con laser CO2 sarebbe curativo nel 42-90% dei casi (2,5,7,10,33,45), la facile ripetitività e gli scarsi effetti collaterali, unito alla precisione del trattamento, che può combinare escissione e ne, viene considerato da molti Autori il trattamento di scelta, associato o meno in caso di numerosità delle lesioni al 5-Fu topico (5,8,10,28,46,47).
L’uso del laser non è gravato dalle complicanze riportate con altri metodi (44), ma si tratta di una tecnica che richiede importanti investimenti economici e una lunga curva di apprendimento, soprattutto per quanto riguarda le tecniche escissionali sulla vagina; è una tecnica molto versatile che in mani esperte è in grado di trattare aree vaginali altrimenti difficilmente raggiungibili, quali i recessi angolari alla cupola dopo isterectomia (7).

Trattamento locale con acido tricloroacetico (TCA)
È stato riferito che il trattamento intravaginale con TCA al 50%, con applicazione settimanale per 1-4 settimane sarebbe in grado di determinare la regressione della VaIN nel 71.4% dei casi (48), considerando anche le VaIN1 (che probabilmente non sono da definire come VaIN e che possono probabilmente regredire anche da sole o in seguito alla biopsia); la regressione delle VaIN 2-3 sarebbe attorno al 53% (48). Alla fine gli Autori raccomandano il trattamento con TCA nelle VaIN 1, dove il successo sarebbe attorno al 100% con minimi effetti collaterali (48). In questo caso il vero punto è che probabilmente la VaIN 1 non va normalmente trattata.

Chemioterapia con 5-fluorouracile
Il trattamento con 5-Fluorouracile topico ha rilevato in passato, quando utilizzato come unico presidio terapeutico, fino all’85% di risultati positivi (49). Anche in lavori recenti la sua somministrazione intravaginale settimanale per almeno 10 settimane si è dimostrata efficace fino al 90% dei casi (32). I risultati sono comunque molto variabili nelle varie casistiche, e soprattutto considerando un follow-up prolungato i successi possono diminuire fino a giungere attorno al 30% dei casi (8).
Il trattamento teoricamente ha il vantaggio di trattare tutta la superficie vaginale, presenta comunque degli effetti collaterali (bruciori, perdite vaginali, dolori) che possono impedire una ottimale compliance della paziente, che è indotta ad abbandonare il trattamento. Questo aspetto può ovviamente influire sull’entità dei mancati successi. L’autoapplicazione necessita di apprendimento e non è sempre possibile.
Un’altra causa di possibile fallimento del trattamento è costituita dall’epitelio displastico sequestrato all’interno della cicatrice della cupola dopo isterectomia, dove il farmaco non può giungere (8,9).
È stata segnalata la comparsa di adenosi in casi trattati con 5-Fu (50).
Il trattamento chemiochirurgico: microchirurgia e 5-Fu In relazione agli scarsi risultati a distanza del trattamento con 5-Fu, questo è stato integrato in vario modo con a microchirurgia, soprattutto laser (8,47). Anche questa modalità di trattamento non si è dimostrata sempre efficace, e non è stata in grado di prevenire l’evoluzione verso il carcinoma invasivo (8). Gli Autori raccomandano questo tipo di trattamento solo quando la lesione di alto grado sia interamente visibile e accessibile alla microchirurgia (8).

Radioterapia
Negli anni ’90 del secolo scorso la radioterapia endocavitaria fu utilizzata ad alte dosi, fino a 65-70 Gy per lesioni multicentriche, al fine di evitare una eventuale chirurgia radicale (53).

Più recentemente la brachiterapia endocavitaria è stato proposta in caso di fallimento della laserterapia nelle donne già isterectomizzate (54). Ancora, il trattamento endocavitario va riservato a casi di plurirecidive in donne anziane con scarsa compliance ai trattamenti conservativi e nelle quali le scadenti condizioni generali non consentono una chirurgia radicale (55).

Ancora recentemente la radioterapia endocavitaria è stata proposta nelle donne isterectomizzate per CIN3 con residuo sulle pareti vaginali, sempre al fine di evitare la chirurgia demolitiva (51), con un ottimo successo terapeutico.
Negli ultimi anni sono stati utilizzati schemi a dosaggio intermedio, con l’erogazione di 48 Gy, con risultati sostanzialmente simili agli studi precedenti ma con minori effetti collaterali (56). 
Dosaggio medio Selectron era il metodo di scelta, tipicamente 48 Gy prescritto per il punto Z (situato 0,5 cm lateralmente alla superficie ovoidale) su due inserzioni a distanza di 1 settimana. Le pazienti devono essere informate sulla potenziale tossicità. Il follow-up a lungo termine è consigliato a causa del rischio di recidiva tardiva e di seconda malignità (85-88).

 

Terapie innovative
Imiquimod
L’imiquimod è un immunomodulante che induce la secrezione di alfa interferone, interleukina 12 e di TNF-alfa (Tumor Necrosis Factor alfa); stimola localmente l’attività natural killer, favorisce la maturazione e l’attività delle cellule di Langerhans, aumenta l’efficacia della risposta T-mediata (57). Il trattamento, già utilizzato nelle displasie vulvari, è ora allo studio con un apposito veicolo nelle displasie vaginali, e sono stati pubblicati i primi dati (58,59). Alcuni Autori (58) hanno utilizzato l’imiquimod soprattutto in donne con VaIN di basso grado, dove la riproducibilità diagnostica della lesione è scarsa e dove la frequenza di regressione spontanea può essere molto alta, anche come effetto della stessa biopsia e della  clearence dell’infezione da HPV. Uno degli svantaggi è costituito dalla complessità del trattamento, che deve essere fatto almeno tre volte alla settimana per 8 settimane sotto guida colposcopica, con una scarsa compliance da parte delle pazienti e un notevole impegno da parte degli operatori sanitari. Recentemente è stato riportato che in donne con VaIN di alto grado HPV correlata, escludendo le donne isterectomizzate per CIN con VaIN alla cupola, l’uso
dell’imiquimod al 5% intravaginale, applicato secondo lo schema precedentemente descritto, può determinare la regressione verso le lesioni di basso grado o la semplice presenza dell’infezione da HPV, che peraltro persistono fin oltre l’80% dei casi (60); nel 46% dei casi ci sarebbe la negativizzazione della precedente positività dei nuclei per la p53 (60).

La recidiva di lesioni di alto grado sarebbe comunque superiore al 30% L’uso dell’imiquimod rappresenterebbe quindi solo una terapia transitoria in donne giovani affette da VaIN di alto grado HPV correlata (60). Anche una recente review dimostra come i dati realmente in nostro possesso siano pochi (61), e per ora resta un trattamento sperimentale da condurre solo all’interno di studi clinici controllati. In ogni caso deve essere esclusa la presenza di un carcinoma già anche inizialmente invasivo mediante adeguate biopsie.

CUVA
Tra i trattamenti in sperimentazione va annoverato il bisturi ad ultrasuoni (CUVA cavitational ultrasonic surgical aspiration) in grado di frammentare e aspirare il tessuto  neoplastica.

I dati iniziali su una casistica in cui erano presenti anche lesioni di basso grado riportano assenza di recidive nel 66% dei casi  e il CUVA sarebbe più efficace anche nelle recidive (52% di successi contro 9% con altre metodiche, al follow-up) (62).
Il dolore postoperatorio sarebbe inferiore e la guarigione migliore rispetto al laser (63,73-76).

Terapia fotodinamica
La terapia fotodinamica utilizza un raggio laser con lunghezza d’onda di 635 nm ad una potenza di 80-125 J/cm2 dopo l’applicazione di un fotosensibilizzante (acido 5 amino levulinico – ALA – in gel al 10%) che viene attivamente e selettivamente incorporato nelle cellule displastiche. Viene utilizzata in via sperimentale per le VIN ed ora sono comparsi studi anche sulla VaIN con risultati non conclusivi; rispetto al laser CO2 sarebbero minori i tempi di guarigione (64). 

Il vaccino anti HPV: possibile impatto sulle VaIN
Il vaccino anti HPV potrebbe far diminuire di 2/3 le lesioni intraepiteliali vaginali di alto grado, in quanto solo il 64% delle VaIN 2-3 sono causate da HPV 16 e 18 (17) e solo il 50% sarebbe causato da HPV 16 (16).
Probabilmente il vaccino farà diminuire di poco le VaIN di basso grado, dove è sì presente una elevata frequenza di HR-HPV ma dove ci sono segnalazioni che l’HPV 16 possa essere particolarmente poco frequente (16).
I primi dati riportano efficacia del 100% nella protezione di VaIN 2-3 per i tipi 16/18 nella popolazione naive e una diminuzione delle VaIN 2-3 complessive del 43% (65).

Recidive post-trattamenti
Dopo trattamento adeguato, in media, la possibilità di recidive SI AGGIRA attorno al 33% (4,8). Il rischio di recidiva è legato alla multifocalità (3) e all’estensione delle lesioni (8), per le difficoltà terapeutiche che comportano, e alla tecnica terapeutica utilizzata, anche se non sembra influenzato dallo stato dei margini negli interventi escissionali (7). Il recurrent rate tra trattamenti laser e quelli escissionali chirurgici (vaginectomia parziale) sarebbe simile secondo alcuni Autori (3) e molto diverso secondo altri, con una miglior performance della vaginectomia
parziale (0% vs 38% di recidive) (4). Fino all’89% dei casi di VaIN 2-3 trattate anche in più sedute sono risultate libere al follow-up di almeno 18 mesi (46).
Le recidive dopo trattamento sarebbero più frequenti anche in caso di lesioni di alto grado, in presenza di altre neoplasie intraepiteliali o invasive, HPV correlate, del basso tratto genitale, in presenza di persistenza di HPV oncogeni e nelle pazienti immunodepresse (8,66), anche se quest’ultima condizione non è stata sempre riscontrata essere un fattore di rischio indipendente statisticamente significativo (8). Nelle donne affette da lesioni displastiche HPV correlate in più settori del basso tratto genitale le recidive sarebbero correlate alla presenza di lesioni in più sedi, mentre il tabagismo, i disordini immunologici, le lesioni di alto grado e l’aver eseguito trattamenti non chirurgici non rappresenterebbero fattori di rischio significativi per la ricorrenza (67).
Anche la localizzazione della VaIN ai corni vaginali nelle donne isterectomizzate è stata messa in relazione con un alto tasso di recidive, probabilmente per la difficoltà di visualizzazione e di trattamento (2).
Le recidive possono avvenire anche a distanza di tempo in caso di vaginectomia totale e ricostruzione di una neovescica, anche se i casi riportati in letteratura sono pochi (42). 

Management VaIN
In caso di VaIN di basso grado, dopo conferma istologica, la paziente può essere tranquillamente inviata a follow-up, che sarà citocolposcopico a 6 – 12 mesi; il follow-up andrà proseguito per almeno due anni dalla negativizzazione, quindi seguirà il timing previsto per
quella paziente indipendentemente dalla VaIN.
In caso di VaIN di alto grado la paziente andrà inviata al trattamento che dovrà essere possibilmente escissionale (per riconoscere i casi di microinvasione già presenti) ma che dovrà essere personalizzato in relazione all’estensione e alla numerosità delle lesioni, alle condizioni della paziente e all’età della stessa, favorendo la sua compliance al trattamento e al follow-up. Nella scelta del trattamento dobbiamo ricordare che spesso è necessario agire più volte sulle recidive, e che anche i trattamenti escissionali in caso di VaIN 2 e 3 hanno dimostrato un overall cure rate (considerando anche i retrattamenti) del 69% (7).
Va ricordato inoltre che l’efficacia dei trattamenti dipenderà anche dall’abilità dell’operatore e dalla famigliarità che possiede con la tecnica utilizzata (3,68).
Non esiste in letteratura un accordo unanime su quali siano le migliori tecniche di trattamento della VaIN e ogni trattamento ha i suoi vantaggi e svantaggi che debbono essere considerati valutando la situazione di ogni paziente.
Tra i trattamenti distruttivi sempre per le VaIN di alto grado le migliori performance sono quelle della laser vaporizzazione, con un cure rate fino al 69% (7), mentre per la diatermocoagulazione questa sarebbe solo
del 25%. Il 5 Fluoro uracile topico è risultato curativo in percentuali variabili dal 46 al 90% dei casi (32) e vengono riferite fino al 59% di recidive al follow-up (4).
Nella scelta del trattamento dobbiamo considerare l’età della paziente, la sua integrità psicofisica, le necessità di relazioni sessuali, la presenza di multifocalità delle lesioni vaginali, la loro numerosità, estensione e localizzazione.
In donne giovani con lesioni ben visibili, anche se estese, il trattamento di scelta consigliabile è, a nostro parere, il laser CO2 con modalità tecnica distruttiva/escissionale, eventualmente seguito dal 5-Fu topico; in presenza di lesioni diffuse o numerose il 5-Fu nei nostri protocolli precede il trattamento laser (5,32).
Lesioni isolate e ben visibili possono essere trattate anche con l’escissione con ago a radiofrequenza, o possono essere folgorate, facendo attenzione alla profondità di azione.
Il trattamento laser potrà essere più volte ripetuto, ma in pazienti che recidivano più volte con lesione alla cupola o nei corni vaginali dopo isterectomia potrebbe essere indicata la colpectomia parziale superiore (68). 

Questo trattamento può essere considerato anche in donne anziane che non presentino compliance ai trattamenti conservativi, preferibilmente dopo recidiva; la colpectomia totale deve essere riservata a casi eccezionali, in cui la diffusione delle lesioni recidivanti non consente altrimenti un controllo della malattia. La radioterapia endocavitaria va riservata ai casi in cui potrebbe essere indicata la colpectomia totale o la vaginectomia superiore ma che non sono operabili per patologie intercorrenti o che rifiutano l’intervento, ritenuto lesivo della propria immagine corporea.
Dopo trattamento di una VaIN 2-3 il follow-up sarà citocolposcopico almeno semestrale per almeno due anni e, quindi, sarà annuale per almeno 5 o 10 anni. È stato suggerito di aggiungere l’HPV test per la ricerca dei ceppi oncogeni nel follow-up, in quanto sarebbe maggiore
la capacità di predire la persistenza della VaIN dopo trattamento (69). 

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