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Le antracicline sono una categoria di farmaci antitumorali. I capostipiti della categoria sono la doxorubicina (DOX) o adriamicina. e la daunorubicina (DNR), antibiotici isolati per la prima volta nel 1960 dallo Streptomices peucetius nei laboratori di Farmitalia.
L’antraciclina è somministrata per infusione endovenosa, ha un’emivita di 30 ore, e metabolizzata a livello epatico ed è escreta principalmente per via biliare e nelle feci; il 10% a livello renale.
Meccanismo d’azione: non è ancora perfettamente stabilito; le principali attività conosciute si riassumono in:
- Intercalazione DNA con conseguente blocco della sintesi degli acidi nucleici
- Inibizione Topoisomerasi II che provoca rottura bifilamentosa del DNA
- Formazione di Radicali liberi ed aumento dello stress ossidativo
Applicazioni cliniche: la doxorubicina è da tempo impiegata con successo nella terapia adiuvante del carcinoma mammario, ca. ovarico, ed altre neoplasie mentre la daunorubicina è utilizzata prevalentemente nelle leucemie acute. Le antracicline però presentano un’elevata variabilità di risultato per la stessa patologia in pazienti diversi. Vari studi hanno, infatti, correlato la presenza di polimorfismi nei geni coinvolti nel trasporto (ABCB1) e nel metabolismo (CBR3) delle antracicline con l’outcome terapeutico soprattutto inteso come grado di accessibilità del farmaco al DNA delle cellule cancerose. Inoltre le antracicline presentano frequentemente fenomeni di chemioresistenza e gravi effetti collaterali negativi.
Effetti collaterali negativi: mielotossicità (neutropenia, trombocitopenia), mucosite, alopecia e una caratteristica cardiotossicità in forma acuta e cronica. L’effetto cardiotossico delle antracicline è attribuibile a diversi fattori, tra i quali la generazione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS) in grado di indurre danni a livello della membrana e del DNA del miocita, come pure di causare apoptosi. La manifestazione clinica più tipica di tale cardiotossicità è lo sviluppo di una disfunzione ventricolare sinistra, che col tempo può evolvere verso lo scompenso cardiaco conclamato poco responsivo alla comune terapia anti-scompenso.
Per limitare questo problema si tende a fissare la dose massima cumulativa a 450-600 mg/m2 e a utilizzare l’antraciclina in associazione con altri chemioterapici quali ciclofosfamide, cisplatino e nitroso uree. Recentemente si è cercato di sintetizzare una nuova antraciclina che avesse una maggiore attività e una minore tossicità cardiaca. E’ stata sintetizzata la epirubicina (EPI) e la idarubicina (IDA) come alternative alla DOX e alla DNR rispettivamente.
Doxorubicina liposomiale (Caelyx® fl 2mg/ml) – Un ml di Caelyx contiene 2 mg di doxorubicina cloridrato in una formulazione di liposomi pegilati. Caelyx consiste in una formulazione liposomiale in cui la doxorubicina cloridrato è incapsulata in liposomi sulla cui superficie è legato il metossipolietilen glicole (MPEG). Questo processo, noto come pegilazione, protegge i liposomi dal riconoscimento da parte del sistema fagocitario mononucleare (MPS), incrementandone l’emivita.
Caelyx è indicato:
- In monoterapia in pazienti con tumore mammario metastatico. Caelyx va somministrato per infusione endovenosa al dosaggio di 50 mg/m2 una volta ogni 4 settimane fino a progressione della malattia e fino a quando la paziente è in grado di tollerare il trattamento.
- Per il trattamento del cancro ovarico in stadio avanzato in donne che abbiano fallito un trattamento chemioterapico di prima linea a base di platino.
- In associazione a bortezomib (Velcade® 3,5 mg) per il trattamento del mieloma multiplo in progressione in pazienti che hanno ricevuto in precedenza almeno un trattamento e che sono stati già sottoposti, o non possono essere sottoposti, a trapianto di midollo osseo. Caelyx è somministrato alla dose di 30 mg/m2 il giorno 4 del regime terapeutico di bortezomib della durata di 3 settimane, tramite infusione endovenosa di 1 ora immediatamente dopo l’infusione di bortezomib. Il regime terapeutico di bortezomib è costituito da una dose di 1,3 mg/m2 ai giorni 1, 4, 8 e 11 ogni 3 settimane. La terapia deve essere ripetuta fintanto che il paziente evidenzia una risposta soddisfacente ed è in grado di tollerare il trattamento. La dose del giorno 4 di entrambi i farmaci può essere ritardata fino a 48 ore, se necessario dal punto di vista medico. Le dosi di bortezomib devono essere separate di almeno 72 ore.
- Per il trattamento del sarcoma di Kaposi correlato all’AIDS (KS-AIDS), in pazienti con un basso numero di CD4 (linfociti CD4 < 200/mm3) e malattia a livello muco-cutaneo o viscerale diffusa.
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