Placenta accreta: è un’anomalia di inserzione della placenta con invasione dei villi coriali nella muscolatura uterina. L’invasione miometriale avviene superficialmente (placenta accreta 75%), parzialmente nel miometrio (placenta increta 15%) oppure invadere completamente lo strato miometriale fino alla sierosa (placenta percreta 10%), cosicché‚ la placenta è incapace di staccarsi dopo l’espulsione del feto. Ciò si manifesta con una continua emorragia dopo il parto (1-3).
Epidemiologia – Una volta evento raro, la placenta accreta sta diventando una complicazione sempre più frequente della gravidanza (1/1000), principalmente a causa del crescente tasso di parto cesareo negli ultimi 50 anni (4-6).
Eziologia della placenta accreta: La causa specifica della placenta accreta è sconosciuta, ma sicuramente è correlata a pregresse placente previe e tagli cesarei pregressi. Ovviamente una placenta accreta pregressa trattata in modo conservativo costituisce il maggiore (80%) fattore di rischio per una nuova placenta accreta. La placenta accreta è presente nel 5-10% delle donne con placenta previa pregressa, nel 40-60% di gravide con 2-3 tagli cesarei pregressi e nell’80% di pazienti con >3 TC pregressi o 2 TC e placenta previa. Altri fattori di rischio sono miomi sottomucosi, pregressi curetages della cavità uterina, IVG, Sindrome di Asherman, età materna avanzata, multiparità, fumo e ipertensione cronica (7-11).
Patogenesi: come osservato in corso di isterectomia post-partum, la placenta accreta si sviluppa su aree endometriali prive di mucosa per pregressi interventi o patologie destruenti. Non si tratta solo di un semplice fattore di protezione meccanica; la decidua sviluppa fattori che moderano l’eccessiva attività invasiva del sinciziotrofoblasto (1-4,45,46).
DIAGNOSI È importante diagnosticare tempestivamente la patologica aderenza placentare e prevenirne le complicanze prima del terzo trimestre
USG: la scansione ecografica rappresenta la scelta di prima istanza per la diagnosi di placenta accreta. La USG possiede una sensibilità del 90% ed una specificità del 96%. Già nel primo trimestre, in una donna con pregresso TC, il riscontro di un sacco gestazionale impiantato in sede istmica o anormalmente aderente alla cicatrice uterina, deve far sospettare una Cesarean Scar Pregnancy (CSP) o il rischio di una successiva placenta accreta. Nel I° trimestre (<8 settimane) la scansione ecografica rivela la presenza di un sacco gestazionale triangolare che riempie la “nicchia” della cicatrice, e una riduzione di spessore (1-3 mm) del miometrio tra la camera gestazionale e la vescica ed è presente una ricca vascolarizzazione nel sito della cicatrice da TC.
Nel terzo trimestre si evidenziano molteplici anomali lacune vascolari all’interno della placenta (swiss cheese) e, nella zona di inserzione placentare, soluzione di continuità della parete uterina, mancanza o irregolarità del tratto ipoecogeno (clear space) retroplacentare (segno non specifico, presente anche in placentazione normale), assottigliamento o disorganizzazione dell’interfaccia iperecogena vescica-sierosa uterina (bladder line); aumento della vascolarizzazione dell’interfaccia sierosa uterina-vescica ed eventuali focali masse esofitiche che invadono la vescica. La visualizzazione all’ecodoppler 3D di numerosi vasi coinvolgenti la giunzione sierosa uterina-vescica rappresentano il miglior singolo criterio per la diagnosi di placenta accreta, con una sensibilità del 97% e una specificità del 92% (19-25).
RMN: Il ruolo della RMN è dibattuto poiché è una metodica più costosa dell’ecografia, necessita sia di esperienza che di competenza specifica nella valutazione dell’anomala invasione placentare e sensibilità e specificità ottenibili sono comparabili a quelle dell’Ecografia (17,18). I reperti di risonanza magnetica considerati sospetti per la presenza di placenta accreta comprendono:
• “Bulging” uterino (rigonfiamento)
• Intensità di segnale eterogenea all’interno della placenta
•Bande scure intraplacentari nelle immagini pesate in T-2. La RMN deve essere presa in considerazione per valutare la profondità e la topografia dell’invasione placentare soprattutto se è prevista l’isterectomia e si sospetta un’invasione laterale. Questo può aiutare a personalizzare l’approccio chirurgico e a predire le complicanze perioperatorie. La RMN è capace di valutare in modo affidabile la profondità e la topografia dell’invasione placentare soprattutto in caso di inserzione posteriore.
Puntura del Douglas per evidenziare la presenza di sangue nel cavo.
Elevati livelli di α-fetoproteina e gonadotropina corionica (HCG) nel plasma materno.
Esame istologico – La diagnosi definitiva di placenta accreta di solito si ottiene dopo il parto su campioni di isterectomia che mostrano un’area con villi corionici a diretto contatto con il miometrio o intramuscolari e l’assenza di decidua.
Sintomatologia: perdite ematiche durante il terzo trimestre può essere un segnale di avvertimento e, quando si verifica, comunemente sopravviene un parto prematuro.
Complicanze:
- Lesione di intestino, vescica, ureteri e strutture neurovascolari localizzate nel retroperitoneo e nelle zone laterali della pelvi, a causa dell’impianto placentare e della sua successiva rimozione;
- Sanguinamento postoperatorio che richiede un nuovo intervento chirurgico;
- Embolia amniotica;
- Complicanze iatrogene: CID, danno polmonare associata a trasfusione, sindrome da distress respiratorio acuto, e alterazioni elettrolitiche causate dalla trasfusione di grandi volumi di derivati del sangue, cristalloidi, e altri espansori del volume plasmatico;
- Tromboembolia post-operatoria, infezione, insufficienza d’organo multisistemica e morte materna.
L’esatta incidenza della mortalità materna correlata alla placenta accreta e alle sue complicanze è sconosciuta, ma è certamente significativa, specialmente se è coinvolta la vescica (26-31).
Trattamento della placenta accreta: In caso di prematurità, verranno utilizzati farmaci tocolitici e riposo assoluto a letto. Se il feto ha raggiunto una buona maturità polmonare (>34 settimane) si procede a taglio cesareo con adeguata scorta di sangue e team operatorio comprendente chirurgo intestinale ed urologo per eventuali complicanze specifiche. E’ richiesta inoltre la presenza di un esperto neonatologo e la disponibilità di un posto in terapia intensiva per la madre e TIN per il neonato. L’anestesia generale può essere la scelta più appropriata, compresi i casi in cui è prevista un’emorragia grave. Occorre creare un accesso venoso centrale per consentire una rapida infusione di liquidi e di sangue, dispositivi di infusione e aspirazione ad alta portata, capacità di monitoraggio emodinamico (accesso arterioso e venoso centrale e periferico). Il posizionamento pre-operatorio degli stent uretrali può aiutare a ridurre il rischio di lesioni uretrali. La gestione conservativa, che include un taglio cesareo senza isterectomia, è proposta da alcuni AA. in casi selettivi per preservare la fertilità. L’idea primaria della gestione conservativa è quella di lasciare l’intera placenta o solo la parte che è aderente al miometrio in situ e preservare l’utero.
Durante la fase di secondamento, c’è una considerevole difficoltà nella rimozione manuale della placenta, particolarmente nelle placenta percreta ed increta. L’iniezione di 10 UI di ossitocina nel cordone ombelicale mediante catetere accelera il secondamento e fa diminuire la necessità di ricorrere al secondamento manuale. Altre preoccupazioni riguardano il danneggiamento dell’utero o di altri organi viciniori soprattutto in caso di placenta percreta durante la rimozione della placenta. L’isterectomia è un intervento terapeutico comune, obbligatorio in caso di placenta percreta, ma i risultati implicano la perdita dell’utero e la capacità di concepire (32-44).
L’attuale comprensione dei meccanismi della coagulopatia acuta ha messo in dubbio le attuali linee guida trasfusionali, portando a una tendenza ad applicare protocolli trasfusionali massivi basati sulla rianimazione emostatica. Gli ostetrici dovrebbero avere familiarità con gli attuali protocolli trasfusionali, poiché si prevede che l’incidenza di accretismo placentare aumenterà in futuro (12-16).
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