Il tasso di trasmissione verticale dell’HIV da madre a feto, varia secondo le aree geografiche: in Italia ed in Europa raggiunge il 15-20%, negli Stati Uniti è compreso fra il 20 e il 30%, ed è di poco superiore in Africa. L’infezione avviene attraverso il passaggio transplacentare del virus oppure il feto può infettarsi durante il parto venendo a contatto con le secrezioni cervico-vaginali o nel postpartum mediante il latte materno. La somministrazione di zidovudina (AZT) in gravidanza, Il ricorso al parto con taglio cesareo e il divieto di allattamento al seno materno hanno ridotto significativamente le percentuali di contagio materno-fetale.
Le persone che contraggono il virus HIV (Human Immunodeficiecy Virus) sono considerate “sieropositive”. Solo quando la carica virale supera una certa quota, il soggetto è considerato malato AIDS (Sindrome da Immunodeficienza Acquisita). Opportunamente curato con appositi farmaci, un soggetto sieropositivo può vivere anche molto a lungo (10-20 anni) in discreta salute, ma continuerà ad essere portatore del virus e dunque potrà trasmetterlo ad altre persone.
La trasmissione dell’infezione da HIV (Human Immunodeficiency Virus), tipo 1 e 2, avviene principalmente attraverso lesioni cutanee o delle mucose a contatto con individui infetti. I rapporti sessuali, le emotrasfusioni, le inseminazioni intrauterine, l’utilizzo di aghi infetti sono i mezzi di diffusione del contagio. L’ulcera da Haemophilus Ducreyi, le lesioni ulcerative di malattie sessualmente trasmesse (MST) come l’herpes simplex, la sifilide, l’HPV costituiscono la porta di ingresso principale del HIV nell’organismo. Uno stato immunitario depresso favorisce il rischio di contrarre il virus.
In gravidanza la trasmissione del virus al feto può avvenire per via transplacentare o durante il parto venendo a contatto con le secrezioni cervico-vaginali e nel postpartum mediante il latte materno.
Diagnostica: ricerca di anticorpi HIV-1 e HIV-2