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Complicanze del post-partum

Da dottvolpicelli

Le complicanze maggiori nel post-partum, le prime tre ore dopo il parto, sono  il mancato secondamento e l’emorragia da atonia uterina. Altre frequenti complicazioni del post-partum sono lacerazioni uterine, lacerazioni cervico-vaginali, CID, emorragia da coagulopatie congenite, l’inversione uterina, embolia polmonare, ritenzione urinaria, patologia coccigea, endometrite acuta e cronica. Se non trattate le complicazioni suddette possono condurre ad insufficienza cardiaca, shock ostetrico e morte della puerpera (0.5/1000). Altre complicanze meno frequenti sono la frattura del coccige, l’atonia vescicale con ritenzione urinaria e le fistole vescico-vaginali.

MANCATO SECONDAMENTO: dopo 20’ si iniettano 20 cc di soluzione polisalina al 9% con 20 UI di ossitocina nella vena ombelicale. Questa tecnica risolve il 90% dei casi di mancato secondamento. In caso di insuccesso si ricorre al secondamento manuale.

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EMORAGGIA DA ATONIA UTERINA POST-PARTUM: si considera fisiologica una perdita di sangue di 500 ml dopo parto spontaneo o 1.000 ml dopo T.C., riduzione dell’ematocrito del 10%. L’emorragia post-partum si ritrova con una frequenza del 4% dopo parto spontaneo e del 6% dopo T.C.. La mortalità materna nei casi di emorragia post-partum è dell’ordine del 5%.

Etiologia dell’atonia uterina:

  • Sovradistensione uterina da gravidanza plurima o da polidramnios. Le fibre muscolari uterine sovradistese hanno perso le loro caratteristiche di elasticità e contrattilità.  Questa situazione si verifica anche in caso di travaglio prolungato.
  • Travaglio prolungato
  • Parto precipitoso
  • Ritenzione di placenta per mancato distacco o per incastonamento della stessa nella sua sede di impianto pur essendo regolarmente staccata. L’incastonamento della placenta avviene per contrazione dei fasci muscolari a livello della sede di impianto. si forma così un cercine che tiene bloccata la placenta nella sua sede di impianto pur essendo regolarmente distaccata.
  • Ritenzione di  residui placentari o di membrane (secondameto incompleto) per mancato completo distacco della placenta (patologia del I° stadio del secondamento). La diagnosi è basata sulla presenza di emorragia e soprattutto sull’esame accurato della placenta e delle membrane espulse.
  • Ritenzione della placenta nel segmento uterino inferiore (patologia del II° tempo del secondamento, “incarceramento”). Le patologie del distacco di placenta sono dovute ad anomalie della conformazione placentare (bilobata, diffusa),  anomalie di sede di inserzione (placenta previa, inserzione angolare), ad eccesso di ossitocina, ad esplorazioni manuali ripetute in corso di travaglio e a manovre espressive come la manovra di Credè effettuata prima che sia avvenuto il distacco di placenta. Infatti la manovra di Credè serve a favorire il II° tempo del secondamento cioè l’espressione dal segmento uterino inferiore ma non deve servire a favorire il I° tempo e cioè il distacco  della placenta.  Dopo il parto le arterie spirali perdono la loro spiralizzazione si aprono a pieno canale negli spazi intervillosi e visto che c’è la placenta che li blocca non si aprono per cui non c’è  emorragia.  Se la placenta si distacca in modo parziale si ha  l’emorragia che in parte è interna per cui si forma un ematoma tra la parete placentare e l’utero,ma in parte è esterna. Dopo 30 minuti di attesa occorre procedere con il secondamento manuale ed eventuale curetage della cavità uterina.
  • Anomalie di penetrazione dei villi placentari:  placenta accreta, increta, percreta, in cui la placenta per alterazione dello strato fibrinoide (che blocca l’invasione trofoblastica al livello deciduale) fa sì che questo trofoblasto attraversi la mucosa e venga a contatto con il miometrio e vi si approfonda. Il trofoblasto venendo a contatto con il miometrio ed approfondendosi all’interno del miometrio si determina l’accretismo placentare che a seconda se interessa la strato superficiale del miometrio parliamo di placenta accreta,se interessa lo strato medio parliamo di placenta increta, se interessa lo strato esterno raggiungendo la sierosa dell’utero parliamo di placenta percreta.  Per tutti i casi la terapia è l’isterectomia.
  • Miomi e pregresse cicatrici dell’utero: alterano la normale propagazione di diffusione degli stimoli delle contrazioni valide dall’alto in basso.
  • Pregresso T.C.
  • Parità elevata
  • Travaglio prolungato
  • Prolungamento del terzo stadio del parto (secondamento) oltre i 30 minuti
  • Parto precipitoso
  • Corionamnionite
  • Eccesso di tocolitici in travaglio
  • Ipertensione arteriosa
  • Anemia, CID e coagulopatie possono generare atonia uterina, ma più spesso sono causate dall’emorragia da atonia uterina.
  • Anestesia generale

Diagnosi:

  • Valutazione clinica delle condizioni generali: pressione arteriosa, ECG, Ossimetria pulsata, diuresi, 
  • USG pelvica, 
  • TAC addomino-pelvica.
  • EGA (emogas analisi)
  • emocromo, conta reticolociti, PT, PTT, AT III, Fibrinogeno, D-dimero (marker diretto dell’attivazione della fibrinolisi con elevata sensibilità ma ridotta specificità)

 Terapia:

  1.  Somministrazione di uterotonici nel III° stadio del parto non superando mai le 10 gocce/minuto di una soluzione da 500 cc contenente 5 UI di Syntocinon
  2. Massaggio fundico dell’utero: Si pone la mano sul fondo dell’utero con il pollice rivolto in avanti e le altre quattro dita sulla parete posteriore dell’utero e si massaggia delicatamente l’utero finchè non si forma il globo uterino.
  3. Manovra di Credè: Compressione dall’esterno con le mani da parte dell’ostetrico del fondo e del corpo dell’utero per favorire il secondamento. Si pone la mano sul fondo dell’utero con il pollice rivolto in avanti e le altre quattro dita sulla parete posteriore dell’utero. All’inizio si massaggia delicatamente l’utero per provocarne la contrazione e quindi si preme con forza costante l’utero in direzione della vagina (12).
  4. Compressione uterina bimanuale: una mano in vagina comprime l’utero agendo dal fornice anteriore ed un’altra sull’addome massaggia il fondo dell’utero.
  5. Manovra di Brandt-Andrews: mantenendo la mano destra a contatto con l’utero e spingendo in alto, si continua ad esercitare una modesta controtrazione sul funicolo con la mano sinistra finché una sensazione come di cedimento indicherà l’avvenuto distacco della placenta.
  6. Tamponamento utero-vaginale: si introduce uno zaffo vaginale medicato allo iodio stipata profondamente in utero. L’utero si contrae su questa garza; se si lasciano spazi vuoti nello stipamento della garza l’emorragia aumenta.
  7. Tamponamento uterino con catetere urologico di Rusch o palloncino di Bakri riempito, mediante pompa ad infusione, con 300-500 cc di soluzione salina. Tamponamento vaginata con garza iodata per impedire la fuoriuscita del catetere. Il tamponamento è un intervento di decisione e attesa per valutare l’efficacia del trattamento.
  8. Metilergometrina fl 0.2 mg + ossitocina 5 UI i.m. Metilergometrina è un alcaloide della segale cornuta e un derivato semisintetico di ergonovina. In generale, gli effetti di tutti gli alcaloidi della segale cornuta sembrano risultati dalle loro azioni come agonisti parziali o antagonisti adrenergici, dopaminergici sui recettori tryptaminergici. Tutti gli alcaloidi della segale cornuta aumentarno in maniera significativa, dose-dipendente, l’attività motoria dell’utero. La metilergometrina ha una maggiore durata di azione rispetto all’ossitocina sintetica (3-8 ore vs. 3-20 minuti). Rischi da somministrazione di metilergometrina: cefalea, nausea, vomito; ipertensione o, meno frequentemente ipotensione, tinnitus (acufeni), torpore, formicolio e dolore alle estremità (dovuti all`ischemia); depressione respiratoria, convulsioni e coma. Trattamento: eliminazione del farmaco ingerito mediante lavanda gastrica, seguita da somministrazione dicarbone attivo. In caso di arteriospasmo severo somministrare un vasodilatatore (es.: diidralazina).
  9. –    Ossitocina im/endovena: i recettori per l’ossitocina sono aumentati a termine di gravidanza e dopo il parto.  La dose consigliata è costituita da 10 UI seguita da infusione di Ossitocina 10 UI in 500 cc di soluzione elettrolitica al 9% di NaCl o glucosio al 5%. Rivoltare più volte il flacone contenente l’ossitocina per assicurare un uniforme mescolamento della soluzione. 5 UI di ossitocina sintetica (una fiala da 1 ml) equivalgono a 25 mg di ossitocina naturale. L’ossitocina in bolo può causare ipotensione acuta di breve durata accompagnata da rossore e tachicardia riflessa. Somministrare con molta cautela nelle pazienti cardiopatiche. Poiché l’ossitocina esercita una blanda attività antidiuretica, il suo utilizzo e.v. prolungato ad alte dosi in aggiunta a grandi volumi di fluidi, come nella gestione dell’emorragia post-partum, può causare intossicazione idrica con iponatremia. L’effetto antidiuretico combinato in seguito di ossitocina e della somministrazione di liquidi endovena può causare un sovraccarico di liquidi che conduce ad una forma emodinamica di edema polmonare acuto senza iponatremia. Al fine di evitare queste rare complicazioni, devono essere osservate le seguenti precauzioni ogni volta che vengono somministrate alte dosi di ossitocina per lungo tempo: deve essere utilizzato un diluente a contenuto elettrolitico (non destrosio); il volume del liquido infuso dovrebbe essere tenuto basso (infusione di ossitocina a concentrazioni più alte di quelle raccomandate per l’induzione o l’agevolazione del travaglio a termine); l’assunzione di liquidi per bocca dovrebbe essere ridotta; dovrebbe essere tracciato il bilancio dei liquidi e, nel caso ci sia sospetto di uno squilibrio elettrolitico, dovrebbero essere misurati gli elettroliti serici.
  10. Nalador fiale da 100 µg (1 mg) (Sulprostone, derivato sintetico della Prostaglandina E2) iniettato  direttamente nella parete uterina e/0 per infusione endovenosa in soluzione di glucosio 5% e/o iniettato in cavità uterina tramite catetere di Foley introdotto in cavità e bloccato nel canale cervicale mediante gonfiaggio del palloncino. Il sulprostone agisce sulle fibre muscolari dell’utero provocandone la contrazione mentre sulla cervice induce un ammorbidimento (“priming”) ed una lenta dilatazione. Il sulprostone può anche essere somministrato in supposte.
  11. Coagulazione con elettrocoagulatore a flusso di gas argon
  12. Sutura legamento largo: dopo aver sollevato in alto il fondo dell’utero, si perfora il lig. largo con passafili o con il dito indice  in un punto avascolare, affastellamento del ligamento, pinzettamento dei bordi, sutura dei bordi con doppia legatura: la prima, distale per trasfissione e la seconda, libera di sicurezza, a valle della prima.
  13. Sutura compressiva a bretella dell’utero sec. B-Lynch (USA, 1997): La paziente è posta in posizione litotomica di Lloyd Davis (posizione litotomica modificata: trendelenburg a 30° e gambe leggermente divaricate, poggiate su reggicosce e piegate a 15°).  Laparatomia con incisione di Pfannestiel o Maylard; esteriorizzazione dell’utero  e compressione bimanuale dell’utero per valutare il grado di compressibiltà e quindi successo dell’intervento. Isterotomia sul segmento uterino inferiore, come per T. C.,  a livello della plica vescicale con l’eventuale apertura della breccia parietale, se l’emorragia è post-cesarea. Si utilizza un filo di sutura assorbibile tipo vycril n. 2 montato su un grosso ago. Si inzia dal margine sinistro dell’utero 3 cm sotto l’incisione e 3 cm medialmente dal canto uterino omolaterale e si passa in cavità uterina. Quindi si affronta la parete uterina sopra l’isterotomia dall’interno e si esce con l’ago 3 cm sopra l’isterotomia e a distanza di 3 cm dal margine uterino sinistro. Si passa il filo esternamente  a cavallo del fondo dell’utero  a 3-4 cm dall’angolo tubarico sempre dello stesso lato e si raggiunge la parete postreriore ed in basso fino al segmento inferiore alla stessa altezza dell’isterotomia; a questa altezza si fa passare il filo attraverso la  parete a 3 cm di distanza dal margine uterino sempre di sinistra e si giunge di nuovo in cavità uterina. Si passa internamente alla cavità sul lato sinistro della cavità uterina e si trafigge la parete posteriore dall’interno all’esterno  a 3 cm dal margine laterale destro dell’utero. Si giunge così sulla parete posteriore; si porta il filo in alto e si scavalca  esternamente il fondo dell’utero a 3 cm dall’angolo tubarico destro; si scende esternamente fino a 3 cm sopra la linea isterotomica e a 3 cm dal margine uterino sinistro. Si trapassa la parete uterina dall’esterno fino in cavità uterina. Si porta il filo in basso, sempre dentro la cavità uterina e da dentro si esce in fuori perforando la parete uterina a 3 cm sotto la rima laparotomica e a 3 cm dal margine laterale sinistro dell’utero.  Abbiamo così i due capi della sutura sulla parete uterina anteriore in prossimità della plica vescicale precedentemente scollata. Legare i due fili al disotto dell’isterotomia, regolando la compressione. Suturare l’isterotomia  (1-7).  Se l’intervento non fosse coronato da successo (3%) si possono aggiungere una o più delle soluzioni chirurgiche descritte (7-8). Le percentuali di ripresa del ciclo mestruale sono simili a quelle delle donne non operate. Non sembrano esserci difficoltà ad eventuali successive gravidanze. Durante il T.C. successivo all’intervento di B-Lynch non si evidenziano segni delle suture di Lynch (9,10). Complicazioni:  usando suture non assorbibili si possono avere erosioni dela parete uterina (11)
  14. Sutura cervico-istmica
  15. Sutura multipla a quadrati
  16. Legatura delle aa. uterine: 2-3 cm lateralmente alla parete uterina nel ligamento largo.
  17. Legatura dei vasi utero-ovarici a livello della porzione istmica del ligamento utero-ovarico.
  18. Legatura a.  ipogastrica mono-bilaterale, al di sotto dell’a. glutea, sec. ‘OLeary: percentuale di successo del 40% con rischio di aggravamento delle condizioni cliniche e di coagulopatia. Pericolo per vena ipogastrica ed a. glutea. Tecnica: aprire il retroperitoneo per 10 cm circa con incisione parallela e laterale all’uretere. Dislocare medialmente il peritoneo inciso e l’uretere. A 3 cm dalla biforcazione dell’a. iliaca comune, separare l’arteria dalla vena iliaca interna e passare due fili di sutura sotto ed attorno all’a. ipogastrica.
  19. Embolizzazione delle aa. ipogastriche: sotto guida radiologica, in scopia continua, incannulare l’a. femorale e giungere alla ipogastrica dove verrà rilasciato il bolo trombizzante. L’efficacia è limitata a 15 giorni. Dolore pelvico e iperpiressia.
  20. ISTERECTOMIA: da praticare nei casi estremi non responsivi a tutti i presidi medico-chirurgici descritti. La variante sub-totale è efficace, rapida e sicura. La isterectomia totale va riservata nei casi di lacerazione del segmento inferiore, placenta previa  e placenta accreta.
  21. Emotrasfusioni con sangue intero o emazie concentrate: se l’emorragia supera i 2.000 cc, HCT <21, Hb <7 con prove crociate non urgenti, prove crociate urgenti o con sangue O negativo a seconda della urgenza di trasfusione. Una unità di emazie concentrate contiene 250 cc di globuli rossi, HCT al 70-80% e determina ina paziente di 70 Kg un incremento di 1.5 gr di emoglobina e del 5% di HCT. L’infusione di emazie concentrate può determinare una coagulopatie da diminuzione relativa di fibrinogeno e piastrine oltre al rischio di alterazioni metaboliche come iperpotassiemie, ipocalcemie, alcalosi metabolica, disturbi dell’equilibrio acido-base.
  22. Trattamento dell’ipovolemia mediante infusioni di ringer lattato e plasma fresco tipo B congelato. L’infusione di 1.000 cc di Ringer lattato aumentano la volemia di 200 cc per soli 45 minuti. L’infusione di elevate quantità di fluidi può indurre una coagulopatia da emodiluizione, edemi periferici ed edema polmonare da diminuita pressione oncotica. Occorre ripristinare un equilibrio fra volemia ed ematocrito; valori adeguati di entrambi ripristinano il normale trasporto di ossigeno nell’organismo. Evitare i colloidi e i cristalloidi concentrati perché hanno la tendenza a provocare alterazioni della coagulazione. Il plasma deve essere sempre ABO compatibile.
  •  Pappa piastrinica: in caso di piastrinopatie (8-12 UI per piastrine <50.000)
  •  Antitrombina III 3.000 UI in caso di CID
  •  Antiemorragici tipo ac. Tranexamico (Ugurol fiale)
  • Terapia CID: ripristino volemia, plasma, emazie concentrate, piastrine e AT III 3.000 UI.

————————————————————————————————————————–3. LACERAZIONI:

  • Lacerazioni cervico-vaginali è rivelata da un’emorragia di discreta entità  che continua anche dopo la regolare contrazione della muscolatura uterina. Per arrestare  la perdita di sangue si procede alla sutura della lacerazione: apposizione di placche vaginali  per evidenziare il collo che viene afferrato con pinze ad anelli o Martin, viene stirato delicatamente verso il basso in modo da permettere al ginecologo di visualizzare il capo distale della lacerazione da dove si inizia la sutura in continuo verso il basso fino alle caruncole imeneali con filo riassorbibile tipo vycril n. 1 e ago atraumatico cilindrico.  Punti staccati completano la sutura fino al piano perineale.
  • Lacerazioni del lig. largo
  • Lacerazioni del paracolpo
  • Lacerazioni retroperitoneali

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ROTTURA DELL’UTERO

Fattori di rischio: Pregressa cicatrice uterina (taglio cesareo, miomectomia, pregresse perforazioni iatrogene),  multiparità, travaglio ostruttivo (mancata dilatazione, formazioni pelviche espansive, malformazioni uterine), presentazioni anomali, sproporzione feto-pelvica, elevate dosi di ossitocina.

Segni e sintomi:

  • Prima del travaglio: generalmente in casi di pregresso TC e spesso è silente.
  • In travaglio: emorragia massiva, shock, dolore addominale acuto, improvvisa morte fetale endouterina.

Segni meno frequenti: tachicardia materna ingravescente, sofferenza fetale,  scomparsa dell’attività contrattile nonostante infusione di ossitocina, alterazione della morfologia addominale, dolore sovrapubico, liquido amniotico ematico, ematuria.

Management:

La rottura d’utero si associa ad elevata mortalità e morbidità materno-fetale. Il trattamento deve essere tempestivo. Iniziare tecniche di monitoraggio (PA, Polso, Catetere vescicale). Allertare anestesista, pediatra e Centro trasfusionale. Interrompere infusione di ossitocina. Catetere venoso (doppia linea con aghi-cannule 14-16 G). Procedere a laparotomia immediata. Valutazione della breccia uterina, della vescica ed ureteri. Decisione immediata sulla possibilità di preservare l’utero o sulla necessità di eseguire isterectomia:

1. suturare la breccia se la paziente desidera preservare la fertilità, se il trauma non è eccessivamente esteso e se le condizioni generali della paziente lo consentono.

2. valutare la possibilità e convenienza di effettuare la legatura dell’arteria uterina o dell’arteria iliaca interna in caso di emorragia persistente.

3. isterectomia totale o sub-totale se non sono possibili e valide le alternative precedenti.

Management post-operatorio:

Trasferimento in terapia intensiva,  antibiotico-profilassi. Eventuali parti successivi devono essere espletati esclusivamente tramite taglio cesareo.

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INVERSIONE UTERINA ACUTA

Incidenza: 1 su 10000 con mortalità materna approssimativamente pari al 10%.

Classificazione: esistono tre tipi di gravità:

  • 1º grado, inversione incompleta, la meno grave.
  • 2º grado, il fondo uterino supera la cervice ma non la rima vulvulare;
  • 3º grado, la più pericolosa, il fondo dell’utero fuoriesce dalla rima vulvare.

Presentazione: generalmente nel 3° stadio del parto (secondamento).

Diagnosi:

  • emorragia vaginale
  • shock profondo sproporzionato a qualsiasi tipo di sanguinamento (il 70% dei casi sono neurogeni dovuti alla trazione dei legamenti uterini e solo il 30% sono correlati con l’emorragia).

Diagnosi differenziale: polipo fibroide prolassato.

Etiologia:

1. spesso associato ad un management inappropriato del 3° stadio del parto (secondamento):

a) eccessiva trazione del funicolo senza sostenere il fondo uterino o

b) pressione fundica (manovra di Credè) eccessiva.

2. Può essere spontaneo.

 

Management

  • Riposizionare l’utero mediante pressione manuale graduale sull’utero invertito prima che compaia contrattura dell’anello cervicale.   Se la placenta non è ancora separata non rimuoverla a questo stadio può comportare un’emorragia. Se non si ha successo proseguire con le manovre successive.
  • Riposizionare l’utero in sala operatoria con la paziente in anestesia generale: Incannulare 2 linee venose con agocannula di 14-16 gauge. Richiedere almeno 4 unità di sangue al centro trasfusionale. In caso di shock iniziare infusione di colloidi (Plasma fresco congelato, Emagel, Voluven). Si somministra ritodrina (Miolene) o solafato di magnesio per rilassare il cercine cervicale. Se la placenta è ancora attaccata, rimuoverla a questo stadio. tentare di nuovo riduzione dell’inversione uterina. Infusione di ossitocina (30-50 UI in soluzione glucosata  per 4-6 ore) per prevenire una recidiva. Se non si ottengono buoni risultati si deve procedere a riduzione chirurgica per via laparotomica. 
  • Laparotomia e correzione chirurgica dell’inversione uterina:

a) trazione sul legamento rotondo contemporaneamente ad una pressione graduale sul fondo invertito dal di sotto, ad opera di un aiuto-operatorio.

b) incisione verticale mediana lungo la parte posteriore della cervice (apertura dell’anello cervicale contratto) l’inversione può così essere corretta e si ripara poi la lacerazione prodotta.

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EMBOLIA POLMONARE: provocata da emboli provenienti da trombosi venose profonde delle vene degli arti inferiori. E’  evidenziata da dolore toracico improvviso, dispnea e tachipnea. All’esame obiettivo si repertano sfregamenti pleurici, ipotensione e, in caso di embolia massiva,  insufficienza cardiaca. Accertamenti diagnostici prevedono una radiografia polmonare ed un esame color doppler dei vasi iliaci, femorali e delle safene. La terapia si avvale dell’ossigeno-terapia con maschera, eparina sodica e.v. in infusione continua sotto controllo di PTT.

 

Presidi terapeutici in caso di emorragia post-partum

Monitoraggio delle condizioni cliniche

Doppio accesso venoso con aghi-cannule da 14/16 G

O2 con maschera, 8 litri/min

Trattamento dell’ipovolemia con soluzione di Ringer lattato, plasma fresco congelato, sangue intero o emazie concentrate

Manovra di Credè

Ossitocina

Sulprostone endovena

Sulprostone intracavitario

Prostin F2a  intracavitario

Isterectomia

Legatura aa. uterine

Legatura aa. iliache interne  

Punti di  sutura sul legamento largo

Sutura uterina compressiva “a bretella” sec. B-Lynch


[1] Nalador fl 100 mg in flebo glucosata da 500 cc: 10 gocce/minuto

 References: 

  1. El-Hamamy, E; B-Lynch, C (2005). Journal of Obstetrics and Gynaecology, cited at Informa healthcare 25 (2): 143–149.
  2. Christopher B-Lynch: A worthy son of Sierra Leone; an inspiration to us”. Awareness Times. November 2, 2006.
  3. B-Lynch, C; et al. (March 1997). “The B-Lynch surgical technique for the control of massive postpartum haemorrhage: an alternative to hysterectomy? Five cases reported.”. British Journal of Obstetrics and Gynaecology 104 (3): 372–375.
  4. Gibbs, Ronald S.; et al. (2008). Danforth’s Obstetrics and Gynecology (10 ed.). Lippincott Williams and Wilkins. p. 455.
  5. Studd, John; et al. (2006). Progress in Obstetrics and Gynaecology. 17. Elsevier Science Limited. p. 269.
  6. Saxena, Richa (2011). Tips and Tricks in Operative Obstetrics and Gynecology. Jaypee Brothers Medical Pub. p. 243.
  7. Nalini Neelam and Singh Jitendra Kumar:B-Lynch suture — An experience”. J Obstet Gynaecol India. 2010 April; 60(2): 128–134.
  8.  Choudry A., Mirza Z.: ” The B Lynch suture technique for the control of massive PPH because of uterine atony”. Ann Park Inst Med Sci. 2005;1:4–6.
  9. Sentilhes L, Gromez A, Razzouk K, Resch B, Verspyck E, Marpeau L.: “B-Lynch suture for massive persistent postpartum hemorrhage following stepwise uterine devascularization”.  Acta Obstet Gynecol Scand. 2008;87(10):1020-6.
  10. Sentilhes LGromez ATrichot CRicbourg-Schneider ADescamps PMarpeau L.: “Fertility after B-Lynch suture and stepwise uterine devascularization”. Fertil Steril. 2009 Mar;91(3):934.e5-9. Epub 2008 Nov 8.
  11. Grotegut CA, Larsen FW, Jones MR, Livingston E.: “Erosion of a B-Lynch suture through the uterine wall: a case report”. J Reprod Med. 2004 Oct;49(10):849-52.
  12. Botella Llluisià J.: “Fisiologia femminile”. Ediz. Leonardo, Roma 1975, 26:431.

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Ringrazio i lettori per la loro cortese attenzione e li prego di voler comunicare le loro osservazioni e consigli su eventuali errori o esposizioni incomplete.

                                                                                                                                 Enzo Volpicelli.

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