Ultimo aggiornamento 01/05/2021 08:38:26
Il cancro endometriale è attualmente la più frequente neoplasia maligna delle vie genitali femminili e rappresenta circa il 10% di tutti i tumori maligni ginecologici; si tratta del terzo tumore più frequente in assoluto nel sesso femminile, dopo quello del colon-retto e della mammella. Il carcinoma dell’endometrio si avvia ad avere un’incidenza doppia rispetto a quella dei carcinomi cervicali. Il rapporto fra cancro endometriale e cervicale era invece di 1:1 nell’ultimo decennio, mentre negli anni ‘50 esso era di 1:7 – 1:10 a favore del cancro cervicale. L’aumentata incidenza dimostrata da questo tipo di tumore negli ultimi 20 anni può forse spiegarsi con l’aumentata vita media delle donne: viene maggiormente colpita la popolazione femminile più anziana, nella fascia di età compresa fra i 55 e i 70 anni.
Nell’ultimo decennio il carcinoma dell’endometrio è notevolmente aumentato nel Paesi Occidentali rappresentando l’8-10% di tutte le neoplasie femminili, mentre in India e nell’Asia meridionale l’incidenza è del 2-4%. In Italia il carcinoma dell’endometrio rappresenta il 5-6% del tumori femminili con 5-7.000 nuovi casi ogni anno.
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DIAGNOSI
La diagnosi di carcinoma endometriale deve essere effettuata istologicamente su prelievo bioptico ottenuto mediante il classico raschiamento uterino frazionato.
- D & C: attualmente il curettage frazionato con biopsia alla cieca è progressivamente sostituito da tecniche meno invasive.
- ISC: L’isteroscopia costituisce l’esame gold standard nell’iter diagnostico del carcinoma endometriale in pazienti sintomatiche potendosi individuare la lesione, la sua estensione e, se occorre, può effettuare la biopsia endometriale mirata in base al reperti dell’esame isteroscopico. Inoltre l’isteroscopia permette la valutazione del canale cervicale.
- Biopsia dell’endometrio con cannula di Novak
- esame clinico con particolare attenzione a valutare lo stato della cervice, della vagina, dei parametri e degli annessi
- ETV: l’ecografia transvaginale per valutare l‘infiltrazione miometriale e degli annessi e lo IUS. La valutazione del profilo e dello spessore
della rima endometriale (IUS) permette molto spesso di discriminare quadri di sospetto e quindi selezionare le pazienti da sottoporre ad indagini di secondo livello come l’isteroscopia diagnostica. Lo spessore medio della rima endometriale in età postmenopausale è 1-3 millimetri per ognuno dei due strati. un valore complessivo >15 mm costituisce un segnale di rischio e comporta necessariamente un’isteroscopia con prelievo bioptico. Nelle donne in terapia ormonale sostitutiva in menopausa lo spessore della rima endometriale è circa 5-6 mm. Nelle donne in trattamento con tamoxifene molto spesso l’indagine ecografica non risulta completamente dirimente e si rende necessario un completamento diagnostico mediante isteroscopia ambulatoriale.
- TAC o RMN con m.d.c.: da eseguire solo in casi selezionati, rappresenta l’esame più accurato per determinare il grado di invasione del miometrio e per valutare lo staging locale del tumore
- PET/tomografia computerzzata: tecnica d’immagine avanzata che consente l’identificazione di siti di recidiva non facilmente identificabili con le tecniche d’immagine tradizionali.
- la cistoscopia, le rettosigmoidoscopia ed il clisma opaco sono effettuati solo se si sospetta un coinvolgimento della vescica, del colori o del retto.
- Markers tumorali: HE4 (Human Epididymis Protein 4): Identificato per la prima volta a livello dell’epitelio dell’epididimo distale e descritto come un inibitore proteasico coinvolto nella maturazione spermatica, L’HE4 è iperespresso nel 93% dei carcinomi sierosi dell’ovaio e nel 100% dei carcinomi endometrioidi, oltre che nel 50% dei carcinomi ovarici a cellule chiare. I suoi livelli aumentano anche in corso di malattie benigne, come:
- Endometriosi;
- Fibromi uterini;
- Policistosi ovarica;
- Malattia infiammatoria pelvica;
- Gravidanza.
A differenza del CA-125, il marcatore HE4 presenta un’elevata specificità, poiché i suoi livelli non aumentano in presenza di cisti o masse ovariche benigne; possono tuttavia salire in presenza di altre neoplasie (come il cancro del pancreas, mammella e nei tumori delle cellule di transizione). Inoltre la sensibilità dell’HE4 è considerata superiore a quella del CA-125 anche negli stadi precoci della malattia. I valori normali sierici di HE4 sono 0-150 picomoli/L.
- Sono in corso studi che valutano l’importanza della presenza nel siero dell’anticorpo p53, che sembrerebbe associata alle forme più aggressive, che vanno quindi trattate più energicamente.
Sintomatologia
Il sintomo principale del carcinoma dell’endometrio è costituito da metrorragia atipica (AUB); in età postmenopausale l’AUB è espressione del ca. endometriale in una percentuale che aumenta con l’età. La precocità della sintomatologia emorragica facilita la diagnosi precoce nel 70% dei casi. DD.: l’AUB può anche essere dovuto a iperplasia endometriale semplice, atrofia endometriale, polipi endometriali o miomi sottomucosi.
Negli stadi tardivi si presenta calo di peso non collegato a dieta.
Il dolore pelvi-peritoneale con eventuale irradiazione L-S si presenta negli stadi tardivi o in caso di piometra.
In casi più avanzati, si possono apprezzare masse pelviche all’esame obiettivo, oppure vi sono segni di metastatizzazione: ascite, ittero, ostruzione intestinale e dispnea.
Lo 0.3% dei carcinomi endometriali è asintomatico. Nelle pz. con stenosi serrata dell’OUE la diagnosi può essere tardiva.
La classificazione più seguita è quella della FIGO 1988, aggiornata nel 2009, basata sul reperto chirurgico ed istopatologico definitivo che permettono una precisa valutazione dell’estensione della neoplasia e del suoi fattori prognostici.
Il 70-80% dei casi di ca. endometriale risulta allo stadio I, 10-15% allo stadio III, 5-10%. allo stadio III e 3-5% allo stadio IV.
La sopravvivenza a 5 anni (indice di cura) è la seguente: 85% per i tumori in stadio I, 60% in stadio II, 35% in stadio III, e 10% per i tumori in stadio IV.
La stadiazione TNM distingue lo staging clinico pre-operatorio da quello patologico post-operatorio. Attualmente è poco utilizzata.
- Tis N0 M0
- T1 N0 M0
- T1a N0 M0
- T1b N0 M0
- T2 N0 M0
- T3 N0 M0
- T3a N0 M0
- T3b N0 M0
- T1-3 N1 M0
- T1-3 N2 M0
- T4 AnyN M0
- AnyT AnyN M1
La classificazione istologica del carcinoma dell’endometrio riflette le ampie possibilità di differenziazione della cellula ghiandolare di derivazione mülleriana. La classificazione istologica ufficiale del carcinoma dell’endometrio è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1994). Prevede sette istotipi: l’adenocarcinoma endometrioide, il carcinoma sieroso, ca. a cellule chiare, ca. mucinoso, ca, squamocellulare, ca. indifferenziato e ca. misto. Il carcinoma tipico dell’endometrio è l’adenocarcinoma endometrioide, che rappresenta circa il 75% del totale. Ci sono tre gradi di adenocarcinoma (G1, G2 e G3), in rapporto all’architettura e alle atipie citologiche
1. Adenocarcinoma endometrioide (75% dei casi)
2. Carcinoma sieroso (10%)
3. Carcinoma mucinoso (5%)
4. Carcinoma squamoso (3%)
5. Carcinoma a cellule chiare (2%)
6. Carcinoma indifferenziato (2%)
Grading istologico: Per quanto riguarda la differenziazione istologica degli adenocarcinomi, che rappresentano il 90% circa dei tumori maligni del corpo uterino, sono stati classificati in tre gradi:
G1 (60%): adenocarcinomi altamente differenziati, in cui si osservano strutture simili alle ghiandole endometriali in quantità >90%. Sono più lentamente diffusivi e metastatici e quindi meno maligni; sono causati da iperestrenismo.
G2 (20% ): adenocarcinomi ma con zone di differenziazione presenti in percentuale del 50-90%; questi adenocarcinomi sono a malignità intermedia;
G3 (20%): la presenza di zone differenziate sono <50%; questi adenocarcinomi sono molto maligni ed aggressivi.
Ploidia: I tumori diploidi vanno incontro a recidiva solo nel 7.5% dei casi mentre la recidiva dei tumori aneuploidi è del 47%.
Il carcinoma dell’endometrio viene poi distinto in due categorie in base alla patogenesi, una correlata agli estrogeni e una indipendente.
La prima categoria è rappresentata dall’adenocarcinoma endometrioide: insorgenza preferenziale in età pre o perimenopausale; associazione con un’esposizione eccessiva a estrogeni esogeni (terapia ormonale sostitutiva non bilanciata) o endogeni; prognosi di solito favorevole (85% di sopravvivenza a 5 anni). Istologicamente si osserva un’iperplasia dell’endometrio; il grading e l’invasione dell’endometrio sono in genere piuttosto limitati.
La seconda categoria è rappresentata dal carcinoma sieroso, dal carcinoma a cellule chiare e dal carcinoma adenosquamoso e indifferenziato. Questi costituiscono circa il 25% dei casi, non sono associati con l’esposizione ad estrogeni e sono più caratteristici dell’età postmenopausale; la prognosi è generalmente sfavorevole (50% di sopravvivenza a 5 anni). Istologicamente si osserva una atrofia dell’endometrio. L’alto grading (G3) e l’estesa infiltrazione del miometrio sono caratteristiche comuni.
Vie di diffusione: La via di diffusione preferenziale del carcinoma dell’endometrio è quella linfatica, e le probabilità di coinvolgimento linfonodale sono tanto più alte quanto più l’infiltrazione del miometrio si approssima alla rete linfatica sottosierosa. La diffusione metastatica avviene principalmente verso il miometrio, la vagina e le tube. Raramente sono interessati parametrio, vescica e retto. Il coinvolgimento della cervice è significativamente correlato con le metastasi linfonodali. Le metastasi vaginali si osservano nelle fasi avanzate della neoplasie e soprattutto in caso di recidive. La diffusione endoperitoneale si osserva nel 7% dei carcinomi endometriali ed è dovuta al distacco di emboli neoplastici che attraversano il lume tubarico e raggiungono la cavità peritoneale. L’interessamento linfonodale pelvico e lombo-aortico si verifica nel 5-25% dei casi ed è direttamente collegato al grado di differenziazione e all’infiltrazione del miometrio.
Le vie di drenaggio linfatico dell’utero sono essenzialmente tre:
- ai linfonodi pelvici: otturatori, iliaci interni, iliaci esterni e iliaci comuni attraverso i ligamenti larghi
- ai linfonodi paraortici, attraverso il legamento infundibolo-pelvico
- ai linfonodi inguinali, attraverso i legamenti rotondi.
Di regola le stazioni linfonodali primariamente coinvolte sono quelle pelviche. In circa il 30% delle pazienti con linfonodi pelvici positivi è presente anche un coinvolgimento dei linfonodi paraortici.
La diffusione metastatica per via ematogena è rara e tardiva, propria delle neoplasie in stato avanzato, e gli organi preferenzialmente interessati sono: fegato, polmoni, e ossa. Il 75% delle recidive si presentano entro due anni, quindi è necessario seguire i soggetti con follow-up stretto comprendente esame pelvico, colpocitologia, vaginoscopia e visita generale. La recidiva superficiale vaginale viene diagnosticata precocemente da test di Schiller e colpocitologia, il che ne facilita la cura.
Dopo due anni i soggetti vanno controllati ogni sei mesi, per cercare le metastasi che si verificano più di frequente. TC e RM, cioè accertamenti di diagnostica per immagini, vanno effettuati per quesiti clinici specifici, in riferimento alla classe di rischio del soggetto e al trattamento effettuato. La malattia può riprendere anche dopo molto tempo dal trattamento primario, quindi il follow-up dei soggetti deve proseguire una volta l’anno anche dopo cinque anni.
Diffusione per contiguità: al miometrio e/o alla vagina.
Le ovaie vengono raggiunte attraverso il drenaggio linfatico tubarico, per colonizzazione delle cellule cancerose esfoliate dalla lesione e disseminate attraverso il lume tubarico.
RECIDIVE: sono vaginali e linfonodali nel 20% dei casi, in circa il 70% delle recidive compaiono perdite di sangue dalla vagina mentre nel 30% non si rivelano sintomi precoci. Il 75% delle recidive compare entro i primi tre anni dalla terapia.
Esiste uno schema di sorveglianza per arrivare alla diagnosi precoce di recidiva; esso comprende l’esame citologico vaginale, il dosaggio del marcatore CA 125 e la ricerca di sintomi occulti. Ogni 6-12 mesi vanno fatte, per tre anni, una radiografia del torace ed una PEC/TAC di addome e pelvi.
- recidiva vaginale isolata (cupola o parete);
- recidiva pelvica centrale;
- recidiva pelvica regionale (pareti e/o linfonodi);
- recidiva a distanza.
- sulla cupola, si verifica in genere a 6 mesi dall’intervento e quasi sempre è dovuta a diffusione metastatica intraoperatoria
- sul 3° inferiore a causa di una diffusione per via linfatica o ematica; in genere si osserva clinicamente a 2 anni dall’intervento.
Fattori protettivi:
- Contraccezione con E-P
- Età avanzata dell’ultimo parto
- Fumo di sigaretta: Si è visto che i fumatori hanno il 50% in meno di probabilità di ammalarsi di Parkinson rispetto ai non fumatori, probabilmente perchè la nicotina stimola il rilascio di dopamina, nota per i suoi effetti migliorativi sulla malattia.Le fumatrici corrono meno rischi di contrarre un carcinoma dell’endometrio, a causa dell’effetto antiestrogenico; inoltre le donne fumatrici vanno in menopausa precocemente ed ancora avrebbero meno probabilità di ammalarsi di lichen sclerosus vulvare rispetto alle non fumatrici.
Fattori di rischio:
fattori razziali: E’ caratteristico e sorprendente che i fattori patogenetici considerati importanti per l’insorgenza del carcinoma endometriale siano diametralmente opposti a quelli ipotizzati per il cancro cervicale; infatti mentre per que-st’ultimo si nota una relazione, e quindi una distribuzione geografica, con i Paesi di condizioni socio-economiche globalmente depresse, il carcinoma endometriale si considera invece una tipica manifestazione connessa a fatto-ri in larga misura dipendenti dall’industrializzazione a dal benessere. Così esso interessa maggiomente le donne di razza bianca, e soprattutto di etnia ebraica; i ceti a reddito medio-alto; donne sterili o nullipare o a bassa parità e con menopausa tardiva; pazienti che spesso risultano ipertese, obese o diabetiche.
Fattori familiari: Discussa infine è una familiarità del tumore, che figurerebbe dall’8% al 12% dei casi a seconda delle caratteristiche.
Sindrome di Lynch
menarca precoce
menopausa tardiva (1-2%)
anovularità (policistosi ovarica)
nulliparità o bassa parità
fattori costituzionali:
- obesità (1-10%)
- diabete
- scarsa attività fisica
- ipertensione arteriosa: l’ipertensione è riconosciuta essere un importante fattore di rischio per l’insorgenza di ca. dell’endometrio. La renina infat-ti sembra influenzare il metabolismo degli ormoni steroidei. A livello ovarico recentemente è stato evidenziato un sistema prorenina-renina-angiotensina che funziona in modo indipendente dal complesso proreni-na-renina-angiotensina renale. La concentrazione ovarica di renina inizia a salire nella fase pre-ovulatoria e continua a salire nella fase luteale per poi discendere nella fase follicolare (1). Stimolando l’ovaio con HCG si ottiene un aumento dei livelli di prorenina prodotta dalle cellule della granulosa; Il sistema pro-renina-renina-angio-tensina stimola a livello ovarico la biosintesi di steroidi C-21 dal cole-sterolo, esattamente come accade nel surrene; aumenta così la concentrazione degli androgeni ed in particolare dell’androstendione precursore degli estrogeni ed in particolare dell’estrone (2).
- Iperestrogenismo: l’iperestrenismo assoluto e relativo, nella patogenesi del cancro endometriale non è da tutti gli autori accettata pienamente; resta comunque il fatto che un iperestrogenismo cronico provoca un’iperplasia ghiandolare dell’endometrio, da molti considerata una lesione precancerosa, e nell’87% dei casi evolve in adenocarcinoma, cioè un tumore a insorgenza dalle ghiandole del corpo uterino. L’iperstremismo è causato da:
- tumori ovarici estrogeno-secernenti della teca o della granulosa,
- iperplasia dello stroma corticale ovarico,
- degenerazione microcistica dell’ovaio
- sindrome di Stein-Leventhal;
- disendocrinie ipofisarie responsabili di iperestrinismo relativo;
- una somministrazione prolungata di estrogeni (HRT);
- obesità;
- diabete
- epatopatie.
sono queste tutte condizioni responsabili di un eccesso di estrogeni, molto spesso presenti nella storia del cancro endometriale.
- Iperplasia ghiandolare dell’endometrio: Si intende una patologia funzionale dell’endometrio caratterizzata da una sua esagerata proliferazione, che può assumere svariati aspetti, in risposta a stimoli cronici di natura irritativa o flogistica o più spesso ormonale, endogena o esogena; spesso l’iperplasia si associa a un utero fibromatoso o a un ovaio policistico. La forma più comune di iperplasia endometriale è l’iperplasia ghiandolare semplice in cui la mucosa del corpo uterino appare ricchissima di ghiandole, alcune delle quali dilatate in forma irregolarmente cistica. Questa iperplasia, quasi sempre provocata da iperestrogenismo, deve essere distinta da quella dovuta a ostruzione ghiandolare meccanica, in cui l’attività iperplastica è una reazione all’ostruzione. Nelle donne in età premenopausale si può trovare un’iperplasia adenomatosa e/o un’iperplasia atipica; nel primo caso gli epiteli ghiandolari appaiono pluristratificati e mandano gittate verso lo stroma ma senza ancora oltrepassare la membrana basale, nel secondo caso la presenza di atipie cellulari rende molto difficile la distinzione da un carcinoma vero e proprio. Si parla infine di metaplasia squamosa quando sulla superficie dell’endometrio iperplastico e del colletti ghiandolari sono presenti fenomeni di epidermizzazione. Le donne con iperplasia endometriale persistente sono a rischio cancro; è stato calcolato che il periodo di tempo intercorrente fra l’uno e l’altro fenomeno può essere di 1-6 anni. In realtà non tutti gli autori riconoscono un nesso statisticamente significativo fra iperplasia e cancro; essi ritengono che, normalizzando l’abnorme stimolo estrogenico responsabile dell’iperplasia, l’iperplasia stessa regredisce. Resta comunque di fondamentale importanza profilattica il raschiamento diagnostico con un esame istologico della mucosa uterina; solo così è possibile una scoperta precoce e una terapia tempestiva dell’iperplasia atipica o della degenerazione maligna iniziale. Lo stesso curetage della cavità uterina può costituire un tempo terapeutico oltre che diagnostico.
- Tumori epiteliali benigni: Infine anche i tumori epiteliali benigni, cioè i polipi endometriali, possono andare -sebbene piuttosto raramente- incontro alla degenerazione carcinomatosa; questa sembra più facile nei polipi con iperplasia adenomatosa. Le atipie epiteliali interessano di solito una parte del polipo, e ciò ne permette la differenziazione dal carcinoma vegetante primitivo, che è tutto costituito da tessuto neoplastico. Anche in queso caso quindi qualsiasi polipo endometriale va asportato e sottoposto ad esame istologico; se questo dimostra quadri sospetti, mentre in donne in età fertile occorrono più ravvicinati controlli clinici e istologici, in quelle in età pre- o postmenopausale si può eseguire l’isterectomia profilattica addominale o vaginale.
-
Fattori esogeni di rischio:
- Tamoxifene: fa aumentare il rischio 2-7 volte in relazione alla durata della terapia
- HTR (Hormone Therapy Replacement)
Carcinoma in situ (EIC) o carcinoma intraepiteliale (ECIS): Il carcinoma in situ dell’endometrio ha caratteri macro – e microscopici mal definiti; è quindi più difficile da identificare rispetto a quello del collo uterino, lo stesso esame citologico (Pap-test) presenta un’elevata percentuali di falsi negativi. Tuttavia il carcinoma pre-invasivo dell’endometrio compare di solito nell’ambito di un’iperplasia adenomatosa ed è caratterizzato da una forma povera di stroma per l’ammassarsi tra loro di ghiandole rivestite da cellule grandi con abbondante citoplasma chiaro. Costituisce il 10% dei ca. endometriali.
TERAPIA:
Molti casi di carcinoma endometriale sono curabili. Il trattamento è variabile, e deve essere individualizzato.
In linea generale, i pazienti in stadio I vengono trattati con isterectomia e annessectomia (salpingectomia + ovariectomia), con o senza radioterapia.
Negli stadi II e III viene effettuata anche una linfadenectomia pelvica. Se il tumore infiltra i paramétri, viene somministrata radioterapia e brachiterapia prima dell’intervento chirurgico. Se il lavaggio peritoneale effettuato durante l’intervento chirurgico risulta positivo per cellule maligne, le pazienti vengono sottoposte a radioterapia addominale. Non esiste una terapia adiuvante che si sia dimostrata capace di prevenire le recidive del tumore dopo la chirurgia e la radioterapia.
Allo stadio IV, se il tumore è limitato alla pelvi, si cerca di rimuoverlo chirurgicamente (se possibile), altrimenti si utilizza terapia ormonale con progestinici (megestrolo acetato oppure medrossiprogesterone acetato -MAP-) e chemioterapia. La percentuale di risposta ottenuta dai progestinici è del 30%, e la durata media di risposta è di circa 12 mesi. Gli agenti chemioterapici più attivi sono la doxorubicina e il cisplatino.
PREVENZIONE: Come per tutti i tipi e di neoplasie e per la maggioranza delle patologie sistemiche, per ridurre i rischi può essere utile uno stile di regolare, attività fisica aerobica quotidiana, alimentazione naturale, dieta mediterranea possibilmente con cibi freschi, non trattati nè conservati, verdure e frutta in abbondanza. La dieta normocalorica aiuta a prevenire obesità, diabete ed ipertensione arteriosa, tutti fattori di rischio per il carcinoma endometriale.
Attualmente non esistono metodi di screening efficaci per il carcinoma dell’endometrio. L’esecuzione di biopsie di routine nelle donne asintomatiche non ha mostrato vantaggi in termini di costo-beneficio, tranne che in presenza di fattori di rischio.
La citologia cervico-vaginale secondo Papanicolau ha una scarsa importanza nella diagnosi di carcinoma endometriale.
Il ca. endometriale può essere sospettato quando si trovano cellule endometriali atipiche nella citologia di donne non gravide in qualsiasi età, e quando cellule endometriali sono rilevate in donne in postmenopausa che non assumono estrogeni.
La citologia endometriale mediante cannula di Novak, lavaggio o abrasione non trova indicazione nella paziente asintomatica per lo sfavorevole rapporto costo-beneficio e per la scarsa sensibilità e specificità delle metodiche.
PROGNOSI: I fattori prognostcii più importanti sono lo stadio della neoplasia, il grado di differenziazione istologica (grading) del tumore, il volume della massa tumorale, la presenza di infiltrazione del miometrio, l’invasione degli spazi vascolari e la ploidia. Anche il tipo istologico della neoplasia ha un significato prognostico: infatti gli adenoacantomi e gli adenocarcinomi hanno una prognosi relativamente migliore rispetto a quella dei carcinomi a cellule chiare oppure a piccole cellule.
Basso rischio: Carcinoma G1, G2 con invasione miometriale assente o <50%
Rischio intermedio: G3 con invasione miometriale <50%
Rischio elevato: invasione miometriale profonda, metastasi vaginali e a distanza
In linea di massima, si può affermare che la sopravvivenza a 5 anni nelle pazienti sottoposte a trattamento chirurgico è la seguente:
- Stadio 0 = 100%
- Stadio I = 72-98%
- Stadio II = 30-75%
- Stadio III = 15-60%
- Stadio IV = 3-10%
Molte di questi pazienti, dopo il quinto anno, non presentano segni clinici, radiologici o comunque accertati della malattia. In questo caso, si userà la sigla NED (No Evidence of Disease). Una certa quota di esse (10-15%), invece, muore per malattia nel secondo quinquennio. Occorre anche ricordare che un certo numero di pazienti non muore di tumore ma, data l’età avanzata, muore di un’altra malattia intercorrente.
Follow-Up
La paziente curata ed operata per carcinoma dell’endometrio deve essere controllata ogni 4 mesi nel primo, secondo e terzo anno, ogni 6 mesi dal quarto al decimo anno e poi una volta l’anno per tutta la vita. Il controllo dev’essere clinico (visita ginecologica), ecografico e citologico vaginale. Ogni due anni, per i primi sei, è bene eseguire una PEC/TAC dell’addome e della pelvi.
Altri esami saranno richiesti qualora vi sia il sospetto di recidive.
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