COLITE PSEUDOMEMBRANOSA
Patologia intestinale diarroica acuta da Clostridium difficile secondaria a prolungati trattamenti antibiotici, e in generale quando la terapia prevede l’impiego di farmaci ad ampio spettro d’azione come la lincomicina e la clindamicina e, con minor frequenza, penicilline, cefalosporine, tetracicline, macrolidi, cloramfenicolo e sulfamidici. . Questi farmaci, infatti, alterano la normale flora microbica del colon, favoriscono la colonizzazione intestinale da parte del Clostridium difficile a carico dell’intestino crasso. Antiacidi: questi medicinali riducono l’acidità gastrica che costituisce una barriera contro infezioni batteriche.
L’infezione da da Clostridium difficile è tipicamente di origine nosocomiale: come tale ha come bersaglio primario i pazienti ospedalizzati, specie se anziani. Anche i farmaci utilizzati in chemioterapia e gli inibitori della pompa protonica per l’eradicazione dell’Helicobacter pylori sembrano favorire l’infezione da Clostridium difficile; analogo discorso per tutte le altre condizioni associate ad una riduzione dell’acidità gastrica, come accade nei pazienti sottoposti a particolari forme di chirurgia digestiva.
La trasmissione della malattia avviene tipicamente per via oro-fecale, quindi attraverso le mani portate alla bocca dopo il contatto con superfici ambientali contaminate o con un soggetto infettato. Più la diarrea è severa, più l’ambiente dove soggiorna il malato sarà contaminato.
Grazie alla forma sporigiena, il batterio può sopravvivere per settimane o addirittura mesi sulle superfici inerti. Anche la strumentazione sanitaria contaminata può essere veicolo di trasmissione (endoscopi, termometri rettali, vasche da bagno).
Il Clostridium difficile è un bacillo anaerobio e sporigeno; alcuni ceppi sono definiti enterotossigeni in quanto capaci di produrre enterotossina A e/o citotossina B.
Tali tossine vengono internalizzate dalla mucosa intestinale determinando la morte cellulare dell’enterocita.
Lo spettro delle lesioni istologiche varia da una sporadica necrosi epiteliale associata ad infiltrato infiammatorio all’interno del lume del colon, ad una forma più grave caratterizzata da necrosi epiteliale diffusa ed ulcerazioni ricoperte da pseudomembrane grigiastre (da cui il termine colite pseudomembranosa), costituite da mucina, neutrofili, fibrina e detriti cellulari.
EPIDEMIOLOGIA – L’incidenza della malattia recentemente è aumentata, probabilmente come risultato di una migliore diagnostica ma anche di un maggiore abuso di antibiotici a largo spettro.
EVOLUZIONE – La diarrea associata all’abuso di antibiotici è generalmente di media entità e autolimitante e termina con la cessazione dell’assunzione dell’antibiotico, ma in alcuni casi l’infezione da Clostridium difficile può essere ingravescente e avere come complicanze un megacolon tossico, ipokalemia, una colite fulminante con peritonite, setticemia da gram negativi, perforazione addominale.
La risoluzione dell’infezione da Clostridium difficile porta ad una pressoché completa restitutio ad integrum della mucosa. Nonostante la guarigione sia completa, in un’elevata percentuale di pazienti trattati correttamente compaiono recidive, in genere entro quattro settimane dal termine della terapia antibiotica.
TERAPIA-
- Metronidazolo (Flagyl® cpr 250 mg), vancomicina (Levovanox® caps 250 ng) o fidaxomicina (Dificlir cpr 200 mg): farmaco di recentissima introduzione a spettro ristretto, specifico per trattare adulti con infezioni intestinali da Clostridium difficile, senza alterare significativamente la flora intestinale fisiologica.
- Assai importante è anche il riequilibrio idro-salino;
- inoltre, è stato proposto anche l’impiego della colestiramina (Questran® polvere per sospensione orale), farmaco appartenente a un gruppo di farmaci noti come sequestranti degli acidi biliari. Sembra capace di legare la tossina prodotta dal Clostridium difficile favorendone l’eliminazione con le feci.