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Somministrazione dei farmaci: vie di accesso

Da dottvolpicelli

La somministrazione  dei farmaci può avvenire per via topica o sistemica. Quest’ultima può utilizzare vie di accesso sottocutanea,  intramuscolare, intravascolare o intracavitaria.

Via cutanea: In alcuni specifici casi di lesioni superficiali della cute sia traumatiche che tumorali, il farmaco può essere somministrato in crema, per uso topico.

Somministrazione sottocutanea, a livello dell’addome, della coscia o del braccio; viene praticata per alcuni farmaci antiallergici, eparine, chemioterapia per neoplasie ematologiche e per un farmaco (trastuzumab) usato nella terapia dei tumori mammari e gastrici.

Somministrazione intramuscolare, a livello del muscolo deltoide, quadricipite o dei glutei; determina un rilascio più lento dei farmaci rispetto alla via endovenosa. E’ utilizzata per la somministrazione di vaccini, antibiotici e raramente per chemioterapici.

Via endovenosa – si avvale di numerosi presidi:

  • siringa, quando occorre una somministrazione in bolo ad effetto immediato 
  • fleboclisi, quando la sostanza deve essere somministrata per un tempo prestabilito o a tempo indeterminato.  Per mantenere una velocità di infusione costante si usa una pompa da infusione che spinge in circolo i farmaci senza rallentamenti o accelerazioni; 

Tutte queste modalità di somministrazione per via endovenosa richiedono un accesso venoso, cioè una via d’ingresso al circolo sanguigno che sia mantenuta aperta per tutto il tempo necessario alle cure. Data l’esigenza di iniettare ripetutamente in vena sostanze irritanti che facilmente possono provocare flebiti, sono stati messi a punto vari dispositivi per raggiungere il circolo sanguigno senza dover cercare ogni volta una vena del braccio. In tal caso ci si avvale di vari presidi:

  1. CVP (catetere venoso periferico) o ago cannula in una vena della mano o del braccio. È un tubicino molto sottile, inserito tramite un ago, che mantiene aperta la vena, se necessario per alcuni giorni, per poter iniettare farmaci e prelevare sangue.
  2. CVC (cateteri venosi centrali): Sono tubicini di materiale biocompatibile (silicone o poliuretano) che raggiungono le grosse vene più vicine al cuore. In questo modo permettono l’infusione intermittente o continua di farmaci e terapie nutrizionali, garantendo nel contempo l’accesso permanente al sistema venoso per molto tempo, anche per mesi. I CVC possono essere esterni o impiantati. 
  • Esterni, quindi inseriti in anestesia locale in un ambiente sterile, senza la necessità di un intervento in sala operatoria. Possono essere introdotti a livello della vena giugulare per trattamenti di breve durata oppure nella vena succlavia all’altezza della clavicola, e da qui sono spinti ancora oltre, fino alla vena cava superiore. In alternativa possono essere immessi in una vena a livello del braccio, come una comune ago cannula. In questo caso, però, il catetere è poi spinto fino alla vena cava superiore (PICCPeripherally Inserted Central Catheter, catetere centrale inserito perifericamente);
  • catetere venoso con porta impiantabile (port-a-cath):  piccolo serbatoio sottocutaneo che, tramite un tubicino, sfocia in una vena profonda. Pungendo la pelle in corrispondenza del punto in cui è situato è possibile raggiungere sempre il circolo venoso.  Si applica in anestesia locale o generale. Come la linea centrale e il CVCP, può essere utilizzata per somministrare i farmaci e prelevare campioni di sangue. È rimossa agevolmente alla conclusione del trattamento, se necessario in anestesia locale.

Via arteriosa – metodo, usato soprattutto per i tumori del fegato: immettendo la cannula nell’arteria epatica, consente di concentrare maggiori dosi di medicinale a livello dell’organo dove serve, risparmiando il resto dell’organismo. È una tecnica invasiva, consigliata raramente e in pochi centri.

Via intratecale, cioè nel fluido cerebrospinale attraverso la colonna vertebrale, quando, effettuando l’esame del liquido con una puntura lombare, si riscontra la presenza di cellule tumorali a questo livello. È utilizzata solo in alcuni casi di leucemia e tumori cerebrali.

Via intracavitaria, cioè in una cavità naturale dell’organismo (per esempio all’interno della vescica, nel torace o nell’addome):

  • nel caso del torace, si dice che la somministrazione è per via intrapleurica, cioè avviene nell’intercapedine compresa tra i due strati della pleura, la sottile membrana che riveste da un lato la cavità toracica e dall’altro i polmoni;
  • nel caso dell’addome, si dice che la somministrazione è per via intraperitoneale, cioè avviene nell’intercapedine compresa tra i due strati del peritoneo, la sottile membrana che riveste da un lato la parete addominale e dall’altro i visceri addominali. È un metodo usato di rado, soprattutto per i mesoteliomi peritoneali e per i tumori dell’ovaio diffusi al peritoneo.

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