La rottura d’utero in gravidanza o nel post-partum può verificarsi in seguito ad eventi traumatici accidentali, o traumi da manovre ostetriche per distocia (rivolgimento interno, applicazione alta di forcipe o ventosa, manovra di McRoberts, manovra di Jacquemier, manovra di Wood, manovra di Rubin) con una frequenza che oscilla fra lo 0.5% e il 3.5% (1-3).
In caso di macrosomia macrosomia fetale, fetale, durante il travaglio l’espulsione del feto diventa difficoltosa o impossibile ed allora il corpo dell’utero si contrae sempre più sul polo fetale mentre il segmento uterino inferiore si allunga e si assottiglia fino a lacerarsi. Stesso meccanismo si verifica in caso di iperdosaggio di ossitocina o di prostaglandine. In tal caso all’ipertonia delle pareti uterine si oppongono i diametri fetali non idonei al passaggio attraverso il canale del parto per mancata riduzione e/o rotazione (1,2).
Se avvenga o meno la rottura dell’utero dipende dalla resistenza opposta all’espulsione, dalla forza di contrazione del corpo dell’utero e dalla presenza di fattori favorenti la rottura.
Fattori favorenti la rottura d’utero:
- Cicatrice da pregresso taglio cesareo: è la più frequente causa di rottura (>60%). La rottura di una cicatrice classica corporale longitudinale, oggi sempre più rara, avviene con frequenza 10 volte superiore rispetto all’isterotomia trasversale segmentaria (3-5).
- esiti cicatriziali o traumatici vari: da miomectomie, polipectomia, resezione di setti intrauterini (S. di Ascherman), resezione cuneiforme tubarica, mola vescicolare, secondamento manuale, curetage, aborti ripetuti.
- multiparità ed età >42 anni: le pareti uterine presentano minore elasticità e quindi sopportano un minor carico dinamico.
- adenomiosi: la sede di allocamento della lesione adenomiosica costituisce un punto di minore resistenza facilmente lesionabile.
- difetti congeniti dell’utero: ipoplasia uterina, utero a sella, utero bicorne, utero didelfo, presenza di setti fibrosi intracavitari
- difetti del bacino materno
- idrocefalia fetale
- distensione eccessiva meccanicamente indotta della cervice
- incisioni della bocca dell’utero,
- placenta previa, accreta, increta o percreta: palesamente si crea un vulnus nella parete uterina
- traumi in gravidanza
- prolungata ischemia di una parte di tessuto schiacciato tra testa e sinfisi.
Secondo l’interessamento meno del peritoneo la rottura d’utero può essere completa o incompleta.
Frequenza: nella letteratura i dati una frequenza media di rottura d’utero di 1:1500 parti e, come già detto nel 60% dei casi si tratta di gravidanze con taglio cesareo pregresso e nel 50% dei casi il cesareo pregresso presentava errori di sutura e complicazioni infettive.
Errori di sutura: molte suture, con trazione troppo forte e a più strati, impediscono l’irrorazione e favoriscono la necrosi tissutale. Fili grossi o non riassorbibili ed una trazione troppo debole della sutura favoriscono ematomi, l’instaurarsi di un processo flogistico-infettivo (6) e la deiscenza della ferita,. Questi ultimi rischi sono determinati anche dal non corretto allineamento dei margini della ferita e dall’inclusione di lembi della mucosa endometriale nella sutura (7).
Diagnosi: la forma più frequente di rottura d’utero (deiscenza della cicatrice del TC pregresso) decorre senza senza sintomi o quasi. Si può evidenziare una tumefazione di consistenza cistica soprasinfisaria da prolasso del sacco amniotico, a vescica vuota!
Rottura silente: in seguito a taglio cesareo iterativo di elezione, praticato a scopo cautelativo, all’apertura della cavità addominale, si reperta una zona di rottura, in corrispondenza della precedente isterotomia, ricoperta dal solo peritoneo.
Segni di minaccia di rottura d’utero: consistono soprattutto in una crescente attività contrattile con pause assenti o solo accennate e in un sollevamento dell’anello di Bandl. Oggi si osserva raramente, dato che l’indicazione al cesareo viene posta più precocemente. Questo anello fisiologico di retrazione corrispondente al limite tra il corpo dell’utero e il segmento inferiore è da considerare patologico, se si trova stirato in alto, un palmo sopra la sinfisi pubica.
Altri segni non esattamente specifici della minaccia di rottura d’utero sono il dolore intenso in corrispondenza del segmento uterino inferiore, apprezzamento dei ligamenti rotondi di consistenza dura e con un diametro di 1 cm circa. Pareti uterine ipercontratte, tachicardia, irrequietezza ed ipotensione.
Segni di avvenuta rottura d’utero in gravidanza: alterazioni o improvvisa cessazione dell’attività contrattile che però spesso si osserva quando il feto è stato espulso in cavità addominale. Si sono osservati parti spontanei vaginali dopo avvenuta rottura uterina senza espulsione del feto in cavità addominale. Un caso di shock post-partum deve sempre far sospettare una rottura misconosciuta. Altri segni sono: dolore provocato dalla rottura, dolori su tutto l’addome, dolore alle spalle (stimolazione sottodiaframmatica del nervo frenico), alterazioni o assenza del BCF e dei movimenti fetali. La parte presentata del feto, che prima era fissa, può diventare improvvisamente estremamente mobile. Generalmente, si ha un’emorragia vaginale, l’intensità della quale non spiega i sintomi da shock generalmente presente. In caso di lacerazione della vescica si osserva anche ematuria.
Dopo ogni parto operativo vaginale difficoltoso si dovrebbe esplorare l’utero alla ricerca di una possibile rottura. Altrettanto deve essere fatto dopo ogni parto per via vaginale in una già cesarizzata.
Occorre tener presente che durante la palpazione il segmento uterino inferiore flaccido e disteso può erratamente far credere ad una rottura. A volte è difficile riconoscerla specialmente se è ancora presente un sottile strato peritoneale, cioè se si ha una rottura incompleta.
Diagnosi differenziale: tutte le affezioni addominali acute, soprattutto con emorragia intraperitoneale: rottura delle vene capsulari (mioma, cisti), gravidanza extrauterina in fase avanzata, rottura di un aneurisma (vasi della milza), rottura della milza e del fegato.
Prevenzionei: Ogni gravidanza, che in precedenza abbia subito il taglio cesareo o altri interventi chirurgici uterini dovrebbe ricoverarsi appena appaiono dolori addominali, emorragie, contrazioni uterine o rottura delle membrane. Occorre pensare al fatto che una parte delle rotture spontanee avviene già durante la trentaseiesima settimana, eccezionalmente anche più presto. Prescindendo da poche eccezioni, si dovrebbe evitare il rivolgimento interno. Per evitare un pericoloso superdosaggio di ossitocici, questi dovrebbero venire somministrati per endovena goccia a goccia sotto attento controllo. Particolarmente attenzione deve esser prestata alla pluripara. Un parto vaginale dopo precedente cesareo verrà generalmente portato a termine con assistenza attiva e l’ausilio di ventosa o forcipe. Il pericolo di una rottura della cicatrice è sempre presente, anche se la donna ha già partorito una o più volte per via vaginale senza complicazioni.
Un taglio cesareo ripetuto dovrebbe venire effettuato o comunque valutato nei seguenti casi:
1) causa persistente (per es. bacino stretto);
2) dopo due o più cesarei avvenuti precedentemente;
3) in caso di cattive condizioni della cicatrice isterograficamente accertate;
4) decorso febbrile del 1º cesareo o dolore nella sede della cicatrice di un precedente cesareo;
5) rilievi sfavorevoli alla fine della nuova gravidanza o decorso atipico del parto (parto protratto, cervice lunga e dura, placenta previa, accentuata attività contrattile, distacco intempestivo, situazione trasversa, etc.).
Se il tipo e decorso del precedente taglio cesareo sono sconosciuti, si deciderà subito per un taglio cesareo ripetuto.
Prognosi: prima del 1945 la mortalità materna per rottura d’utero era del 50% e più, oggi si è notevolmente abbassata. La prognosi maggiormente favorevole per la madre e per il feto è data dalla rottura della cicatrice trasversale bassa dell’istmo, dato che in questo caso si tratta spesso di una rottura coperta con scarse emorragie. Se inoltre il periodo di tempo che intercorre fra una rottura e la laparatomia è breve, la mortalità fetale e materna può essere ulteriormente abbassata. Lovros ha constatato per le sue pazienti, nelle quali la rottura era avvenuta per cause diverse in parte in clinica e in parte a casa, una mortalità materna di circa il 10% se la rottura avveniva fuori della e 0% se in clinica; mortalità fetale del 40% in clinica e 80% se fuori della clinica.
Terapia:
Se esiste il pericolo di rottura, la paziente deve essere narcotizzata, possibilmente con gas inalatori tipo alotano, subito per interrompere le contrazioni. Se il feto è vivo, nella maggior parte dei casi si eseguirà il taglio cesareo. Anche se il feto è morto spesso nell’interesse della madre è da preferire il T. C. (8).
In caso di avvenuta rottura o sospetta rottura, è indicata la laparatomia immediata, se necessario con l’impiego contemporaneo di una copertura antibiotica ad ampio spettro. Si devono considerare due possibilità terapeutiche: l’isterectomia totale o subtotale oppure la sutura della lesione. L’isterectomia totale si impone in caso di lacerazione estesa o coinvolgente la cervice o in caso di gravi infezioni o endometriti (6-8). Se l’a. uterina si è lacerata e retratta nel ligamento largo può rendersi necessaria la legatura dell’a. iliaca interna. In caso di nuova gravidanza dopo T. C. non è controindicata l’infusione con ossitocici. La fase espulsiva deve però essere assistita con impiego di V.E. o forcipe.
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