Ultimo aggiornamento 2022-04-19 18:41:13
Si definisce prolasso vaginale o colpocele la protrusione della parete vaginale nel lume stesso della vagina. DeLancey fissò tre piani anatomici (fig. 1) per stabilire il livello di prolasso genitale. Il primo piano è situato al livello delle spine ischiatiche, il secondo a livello dell’arco tendineo e il terzo a livello del collo vescicale e uretra. In genere il 1° livello di prolasso è asintomatico, il 2° può giovarsi del pessario mentre per il terzo occorre intervenire chirurgicamente (1-3).
Il prolasso vaginale si verifica assai raramente come fatto isolato, rientrando invece nel quadro generale del prolasso uterino. Inoltre, se la parete vaginale prolassata è quella anteriore, si verifica anche un prolasso della vescica (cistocele) a causa degli stretti rapporti tra vagina e vescica urinaria quando il prolasso vaginale interessa la parete posteriore compare contestualmente un prolasso rettale (rettocele) per i rapporti di contiguità tra parete vaginale posteriore e retto (1).
Il prolasso vaginale implica un ampio spettro di alterazioni anatomiche che variano dal modesto descensus fino all’eversione totale della vagina. Esso si può accompagnare ad un’alterazione funzionale sia a carico del basso tratto urinario che della regione ano-rettale, con eventuale compromissione della sfera sessuale. La prevalenza di prolasso urogenitale è superiore al 30% nelle donne di età compresa tra 20 e 59 anni che si sottopongono a valutazione ginecologica (2,3).
Eziologia: molto frequente nelle donne sottoposte a isterectomia nelle quali non sono state effettuate misure preventive di colposospensione. Nelle pluripare. il prolasso può apparire come conseguenza di parti precipitosi o con feti macrosomici o per applicazione di forcipe. Si determina in conseguenza di lacerazioni della fascia endopelvica, del perineo, dei muscoli elevatori dell’ano, dei
lig. utero-sacrali e/o dei ligamenti di Mackenrodt. Nelle nullipare invece la causa del prolasso va ricercata in anomalie congenite del collagene e del connettivo e nel fisiologico rilassamento di fasce e legamenti con il progredire dell’età. Con il procedere dell’età inoltre si assiste ad una progressiva diminuzione della densità delle fibre muscolari con progressiva denervazione dei mm. elevatori dell’ano e del muscolo trasverso profondo del perineo (5,6). infine, sono importanti fattori patogenetici la carenza di estrogeni, con conseguente lassità dei legamenti di sospensione e atrofia del sistema di supporto del pavimento pelvico, le malattie polmonari croniche e la stipsi cronica poiché determinano un aumento della pressione endoaddominale.
Sintomatologia: senso di peso gravativo ipogastrico, episodi di incontinenza urinaria o, raramente, di incontinenza fecale. I sintomi si accentuano quando la donna resta per lungo tempo in piedi e quando la pressione endoaddominale aumenta (tosse, sollevamento pesi etc.) mentre si attenuano durante i periodi di riposo a letto (7.8).
Diagnosi: La visualizzazione del difetto vaginale apicale non è così semplice come sembrerebbe. Infatti, all’esame speculare il prolasso della parete vaginale anteriore e posteriore appare facilmente mentre il prolasso apicale può essere misconosciuto a causa della posizione litotomica della paziente in esame. Per tale motivo occorre mettere la paziente semiseduta, con un angolo di 45° circa sul piano della sedia ostetrica e chiedendo alla paziente di tossire o ponzare in modo che la pressione addominale consenta la visualizzazione del prolasso dell’apice della vagina.
PROCEDURE PROFILATTICHE POST-ISTERECTOMIA: In corso di isterectomia, si raccomanda di eseguire sempre una sospensione della volta vaginale, anche in caso assenza di descensus, quale procedura profilattica (9.10).
Colposospensione e Culdoplastica secondo McCall: sospensione della cupola vaginale sui ligamenti utero-sacrali e obilterazione del cavo del Douglas.
Tecnica: Con il moncone vaginale ancora aperto si colloca un punto di sutura con filo a lento assorbimento sul ligamento utero-sacrale di sinistra a 2 cm sotto l’apice di recisione. Quindi si raggiunge il ligamento utero-sacrale destro prendendo nella sutura il peritoneo compreso fra i due legamenti. Altri due punti di sutura vengono applicati successivamente sopra il primo procedendo sempre da sinistra a destra e comprendendo il peritoneo del cul de sac. Infine si applicano 1-2 suture longitudinali con filo a lento assorbimento che sospendono la parete posteriore vaginale ai ligamenti utero-sacrali.
La tecnica originale comporta un eccessivo accorciamento della lunghezza vaginale, una deviazione dell’asse longitudinale vaginale e conseguentemente dispareunia. Varianti tecniche per prevenire tale complicanza prevedono una plicatura dei lig. utero-sacrali e la sospensione della cupola vaginale ai legamenti utero-sacrali a livello della spina ischiatica, e si accompagna alla ricostruzione della fascia retto-vaginale di Denonvilliers e pubo-cervicale facendo passare attraverso la sezione trasversale di queste due fasce la sutura che collega la parete vaginale posteriore vagina ai ligamenti utero-sacrali.
I ligamenti non vengono riuniti sulla linea mediana come prevedeva la tecnica originale di McCall. Queste varianti consentono di ristabilire l’originario asse vaginale e ottimizzare la lunghezza vaginale, assicurandone un buon supporto con suture fatte con fili a lento assorbimento. Le percentuali di successo chirurgico e soddisfazione sessuale sfiorano, al follow-up dopo 1 anno, il 90% (15-18).
Complicazioni: lesioni a carico dell’uretere in percentuale compresa tra 1 e 11%, e disturbi dell’alvo intestinale per stenosi dell’intestino retto-sigmoideo nel tratto che attraversa gli elevatori (15-19). Le pazienti sottoposte all’intervento di McCall presentano una percentuale di prolasso del 6.1% versus 39.4% in confronto alla semplice chiusura del peritoneo e versus 30.3% per la culdoplastica sec. Moschcowitz (14).