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FATTORI DI RISCHIO:
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- Età: L’incidenza di carcinoma ovarico aumenta con l’età. E’ virtualmente nulla al di sotto dei 20 anni, anche tra le portatrici di mutazioni dei geni BRCA1/2, rimane molto bassa fino ai 30 anni, mentre cresce linearmente nel periodo 40-50 anni e poi con una velocità minore fino all’ottava decade di vita, quando si registra il tasso più alto. Il tasso di incidenza passa da 1,7% 40 anni a 5,4% a 75 anni, e più di un terzo dei carcinomi ovarici vengono diagnosticati in donne di età >65 anni (1-3).
- fumo: ritenuto un importante fattore di rischio dalla maggior parte degli studiosi che hanno riscontrato un forte rapporto fra il fumo ed un particolare tipo di cancro ovarico. il tumore mucinoide che rappresenta il 15% di tutti i tumori ovarici. Ma alcuni AA. al contrario ritengono il fumo un fattore protettivo dal cancro dell’ovaio come i contraccettivi e la legatura delle tube (4,5).
- Obesità: le cellule adipose producono adipo-chinine che possono promuovere la proliferazione cellulare (leptine) oppure avere effetto inibitorio sulla proliferazione cellulare (adiponectina). Le donne obese si trovano come in uno stato infiammatorio cronico anche se di basso livello. Lo stato flogistico è di per se stesso un fattore favorente la proliferazione cellulare e l’insorgenza di tumori. L’’aumento del peso, specialmente in pre-menopausa, provoca una iperproduzione di FSH, LH ed estrogeni che stimola la proliferazione delle cellule ovariche, un fattore di rischio lieve/moderato per lo sviluppo di cancro alle ovaie. In menopausa, invece, elevati livelli di androgeni come Androstenedione e DHEA-s e bassi livelli di estrogeni sono fattori di rischio per cancro ovarico in donne obese. Le donne obese, inoltre, tendono ad avere iperinsulinemia, insulino-resistenza e livelli superiori alla media di IGF-1 (Insulin-like Growth Factor 1), ormoni fortemente sospettati di avere legami con alcuni tipi di tumore. L’aumento di rischio oncologico è direttamente correlato all’aumento del peso come dimostrato in studi che hanno espresso effetto di un odds ratio (OR), rapporto di rischio, o tasso di incidenza standardizzato e intervallo di confidenza 95% (CI). (6,7).
- Nulliparità: in base alla teoria dell’ovulazione incessante di Fathalla, se durante la vita una donna ha tante ovulazioni (quindi poche gravidanza e brevi periodi di allattamento) ha un rischio maggiore di tumore alle ovaie (15).
- Induttori dell’ovulazione: l’impiego di terapie ormonali per indurre l’ovulazione sembra associato a un aumento del rischio di carcinoma ovarico tra la popolazione generale e tra le pazienti con una predisposizione genetica al carcinoma ovarico (29-41).
- Terapia ormonale sostitutiva (HRT) prolungata: l’utilizzo di terapie estrogeniche in menopausa appare associato a un lieve aumento del rischio di carcinoma ovarico. Una metanalisi di 9 studi ha evidenziato un aumento di incidenza pari al 15% per le donne che avevano utilizzato terapie estrogeniche e pari al 25% per quelle che lo avevano fatto per più di 10 anni (8). In questi due gruppi di pazienti anche il rischio di morte da carcinoma ovarico era superiore rispetto a quello di donne che non avevano mai utilizzato HRT (RR 1,51 e RR 2,20 rispettivamente) (livello III). Tale aumento di rischio non sembra esistere tra le pazienti che assumono terapie combinate estroprogestiniche, sebbene i dati siano insufficienti a trarre conclusioni su questo punto (9). Non esistono dati sull’effetto della HRT nelle pazienti con una predisposizione genetica al carcinoma ovarico (10-12).
- Endometriosi (19,20)
- Familiarità o precedente di cancro alle ovaie, al seno o del colon-retto. Le pz. affette da ca. ovarico con anamnesi familiare positiva rappresentano il 5% di tutte le pz. affette da ca. ovarico. Nelle famiglie con due o più familiari di primo grado affetti da ca. ovarico, il rischio di sviluppare il ca. ovarico è del 20-50% rispetto all’1.7% della popolazione generale (24).
- Esposizione perineale al talco in polvere o diaframma vaginale contenente talco (22,23).
- HNPCC (Hereditary Non-Polyposis Colon Cancer), conosciuta anche come Sindrome di Lynch, è una malattia tumorale autosomica dominante caratterizzata da due manifestazioni fenotipiche: La sindrome di Lynch I, che è caratterizzata dall’insorgenza di una neoplasia al colon ad un’età media di circa 45 anni. La sindrome di Lynch II, che oltre al tumore al colon comprende lo sviluppo di neoplasie extracoloniche, a livello dell’endometrio, dell’ovaio, dello stomaco, del tratto urinario, dei dotti biliari (25-28).
FATTORI DI PREVENZIONE:
a) Assunzione di contraccettivi orali: Nella popolazione generale si associa con una riduzione del rischio del 40-50%, che aumenta con la durata di assunzione e persiste per 10-15 anni dopo la sospensione (livello III) (25,26). Lo stesso effetto è stato osservato anche in donne con familiarità positiva per carcinoma ovarico (27) e tra le portatrici di mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2. In studi collaborativi caso-controllo si è riscontrato un aumento del rischio di 3 volte (OR 2,8 IC 95% 1,3-6,1) ed è sostanzialmente maggiore fra le nulligravide (OR 27,0) (24). Data la scars8).Tuttavia, uno studio retrospettivo su un’ampia coorte di pazienti affette da carcinoma ovarico fa supporre che l’effetto protettivo non riguardi le portatrici di mutazioni di BRCA1, ma solo le non portatrici (29). Inoltre, deve essere tenuto presente che un’altro studio riporta una maggiore incidenza di carcinoma mammario tra le portatrici di mutazioni di BRCA1/2 che avevano assunto contraccettivi orali per oltre 48 mesi (OR 7,8 p 0,004) (29). Questi dati devono essere valutati con estrema cautela date le esigue dimensioni del campione, ma alla luce di tali incertezze alcuni autori ritengono che l’utilizzo di contraccettivi orali non possa essere raccomandato come opzione per ridurre il rischio di carcinoma ovarico nelle portatrici di mutazioni di BRCA1/2 (livello III) (30-31,55).
b) Parità: L’aver avuto almeno un figlio vivente riduce il rischio di carcinoma ovarico tra le donne della popolazione generale (livello III) (32). Le donne che hanno avuto un figlio hanno un rischio del 45% inferiore rispetto alle nullipare e ulteriori gravidanze sembrano diminuire ulteriormente il rischio del 15% (33). Al contrario, sebbene i dati siano limitati, tra le portatrici di mutazioni di BRCA uno studio caso-controllo fa supporre che il rischio di carcinoma ovarico cresca con il numero di figli: ogni parto risulta associato con un incremento del 40% del rischio fino al quinto figlio, mentre le gravidanze successive hanno un effetto protettivo (33). Gravidanze tardive hanno un effetto protettivo e ogni intervallo di 5 anni è associato con una riduzione del rischio del 18%. Pertanto, le donne che hanno tutti i loro figli dopo i 30 anni e le nullipare formano il gruppo a minor rischio (RR 0,30). Anche in un altro studio caso controllo l’aver partorito in età avanzata ha un effetto protettivo rispetto al carcinoma ovarico, ma solo fra le donne con una familiarità positiva (livello III) (34).
c) Allattamento: Aver allattato almeno un figlio riduce il rischio di carcinoma ovarico tra la popolazione generale (36) (livello III). Non esistono invece dati sulle donne con una predisposizione ereditaria al carcinoma ovarico.
PROFILASSI
Annessiectomia profilattica: Viene generalmente riservata a donne con mutazione accertata dei geni BRCA1 e BRCA2 (livello V) (37-40,52). I dati sull’efficacia della procedura sono pochi e di bassa qualità, essendo derivati da studi retrospettivi condotti su piccole coorti di pazienti. Vi è accordo sul fatto che la protezione non sia completa dal momento che una carcinosi peritoneale può svilupparsi nel 1,8-10,7% delle pazienti ad alto rischio sottoposte ad annessiectomia profilattica, probabilmente in relazione alla comune origine embriologica del peritoneo e dell’epitelio di rivestimento ovarico (121-126)
Legatura delle tube di Fallopio (Sterilizzazione tubarica): In uno studio prospettico è associata a una riduzione del rischio di carcinoma ovarico del 33% tra la popolazione generale (livello III) (41). Anche uno studio caso-controllo tra donne con mutazioni di BRCA1 o BRCA2 dimostra una riduzione significativa del rischio (OR 0,39) tra quelle sottoposte a legatura tubarica (42). L’annessiectomia profilattica riduce il rischio di carcinoma mammario tra le portatrici di mutazioni dei geni BRCA1/2 e una successiva HRT non sembra negare questa riduzione (livello III).
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