Ultimo aggiornamento 2019-10-26 17:41:16
L’apoptosi è un processo, energia-dipendente, mediante il quale le cellule in sovrannumero o danneggiate e che non si possono riparare, nonostante l’intervento delle “heat-shock protein” (1), programmano la loro morte (2-4). Ogni ora nell’organismo umano miliardi di cellule dell’intestino e del midollo osseo vengono eliminate mediante apoptosi.
L’apoptosi fu descritta accuratamente nel 1972 da Andrew H. Wyllie insieme a John F. Kerr e Alastair R. Currie. Tuttavia, prima di allora la letteratura ne aveva riportato molti esempi: le cellule apoptotiche del timo (tingle bodies), i cheratinociti apoptotici della pelle (sunburn cells) e le cellule apoptotiche del fegato (councilman bodies). Un altro termine utilizzato per descrivere il fenomeno di apoptosi prima del 1972 è stato shrinkage necrosis, necrosi per riduzione di volume. Questa definizione costituisce una descrizione istologica dell’apoptosi, dato che la fuoriuscita di acqua è una delle sue caratteristiche chiave.
L’apoptosi svolge un ruolo importante nello sviluppo embrionale, nel sistema immunitario e in molte malattie come le infezioni virali, il cancro, leucemie, strokes e malattie neurodegenerative. Durante lo sviluppo fetale, per esempio, tra le dita è presente una rete di cellule che conferisce a queste strutture anatomiche l’aspetto di una pinna. Con il progredire dello sviluppo si modellano le dita e le cellule interdigitali muoiono per apoptosi. Un altro esempio proviene dall’immunologia nella quale le cellule autoreattive del sistema immunitario vengono eliminate prima che possano nuocere all’organismo. Nelle neoplasie maligne l’inibizione dell’apoptosi consente alle cellule cancerose di moltiplicarsi a dismisura ed invadere l’organismo.
Il processo di apoptosi prevede una serie di eventi biochimici e strutturali:
1) espulsione extra-cellulare dell’acqua contenuta nel citoplasma; questa è la prima tappa dell’apoptosi e da questo fenomeno deriva il nome apoptosi. In seguito all’espulsione dell’acqua, la cellula si raggrinzisce e diminuisce di volume.
2) frammentazione nucleare,
3) comparsa di vescicole (blebs) che avvolgono i frammenti cellulari,
4) frammentazione “a scala (ladderlike)” di DNA genomico, e variazioni dell”espressione genica.
5) fagocitosi macrofagica dei frammenti cellulari, sempre avvolti dalla membrana citoplasmatica.
L’involuzione apoptotica di molte ghiandole endocrine, come il corpo luteo, avviene dopo il declino del supporto ormonale tropico (5-7) o sotto l’azione di uno stimolo nocivo.
L’organo del corpo umano maggiormente interessato al fenomeno dell’apopotosi è il fegato che metabolizza gran parte delle tossine prodotte dall’organismo e dei farmaci somministrati ai pazienti. Se il carico di tossine o fattore stressante supera la capacità di sopportazione o metabolizzazione cellulare, come in caso di gravi stress, gravi infezioni virali o batteriche o anestesie (8), si evidenzia il fenomeno dell’apoptosi (non necrosi).
Il mancato funzionamento dell’apoptosi è una caratteristica fondamentale delle neoplasie: è fondamentale per lo sviluppo del cancro e per la sopravvivenza delle cellule tumorali.
Le cellule che muoiono a causa di lesioni acute in genere si gonfiano e scoppiano; è la classica forma di morte cellulare. Esse diffondono i componenti citoplasmatici e nucleari nello spazio circostante. E’ il fenomeno di necrosi cellulare che provoca una risposta infiammatoria. Al contrario, una cellula che subisce apoptosi muore ordinatamente, geneticamente controllata, senza creare flogosi o danni tissutali ed essendo fagocitata dai macrofagi permette anche che i componenti organici cellulari possano essere riciclati.
La cellula apoptotica quindi può considerarsi una cellula “suicida” che, vedendosi perduta, sceglie una morte silenziosa e pulita per non danneggiare le cellule viciniori. Durante l’intero processo, il contenuto cellulare non fuoriesce nell’ambiente extracellulare, in quanto si conserva l’integrità della membrana plasmatica.
La morte cellulare potrebbe essere causata da una molecola della superficie cellulare detta “Fas” e dal suo ligando (FasL); quest’ultimo, interagendo con il Fas, ne determina l’aggregazione. Negli ultimi anni Fas è diventata una molecola particolarmente importante per la comprensione dei primi passaggi del meccanismo di apoptosi.
Fas appartiene alla famiglia dei TNF (Tumour necrosis factor) così chiamata per il ruolo nella morte cellulare. Fas è espressa sulla superficie di molte cellule del corpo e, quando si lega al suo ligando naturale, induce l’apoptosi. La maggior parte delle nostre conoscenze su Fas deriva dagli studi effettuati sulle cellule del sistema immunitario, dove questa proteina sembra svolgere un ruolo cruciale nell’apoptosi. Nel timo, organo responsabile dello sviluppo dei linfociti T, circa il 99% di tutti i timociti prodotti muore e sembra che la morte avvenga per apoptosi naturale. I timociti esprimono un elevato livello di Fas e vi sono numerose prove del fatto che la morte cellulare osservata in queste cellule sia mediata da Fas. Le mutazioni nella molecola Fas causano la proliferazione dei linfociti; ciò indica che questa molecola è fondamentale nella regolazione dell’equilibrio tra proliferazione e morte dei linfociti. Fas ha inoltre un ruolo nella distruzione delle cellule tumorali a opera dei linfociti T citotossici. In altri termini, i linfociti T citotossici uccidono le loro cellule bersaglio inducendo l’apoptosi; in questo processo sembra essere coinvolta anche la proteina Fas. Quando il ligando di Fas si lega al suo recettore inizia una cascata di eventi che porta all’attivazione della caspasi. Il primo evento in questa cascata è l’aggregazione del complesso Fas/FasL. Il passaggio successivo prevede la formazione di una struttura composta da più proteine chiamata DISC e situata immediatamente al di sotto della superficie della membrana plasmatica. Componenti chiave di questo passaggio comprendono una proteina chiamata FADD che si lega alla coda citoplasmatica di Fas. FADD a sua volta interagisce con la procaspasi-8, evento che determina l’attivazione dell’enzima, la quale poi conduce all’attivazione della cascata mediata dalle caspasi e infine all’apoptosi.
L’attivazione di queste vie implica l’esistenza di un interruttore molecolare che interrompe il processo quando ciò si rivela necessario. Nel caso in questione, l’interruttore che interrompe il processo è una proteina detta FLIP, la quale compete con la caspasi-8 per un sito di legame su FADD.
I geni coinvolti nella regolazione dell’apoptosi – In una classe si trovano geni quali c-myc e la proteina tumorale p53 che dirigono il processo apoptotico, nell’altra vi sono geni come bcl-2 e bcr-abl che possono inibire la morte cellulare.
GENI FAVORENTI L’APOPTOSI –
1) Il gene c-myc è considerato una sorta di ‘Giano bifronte’ in quanto può guidare sia la proliferazione sia la morte cellulare.
2) La proteina tumorale p53, che risulta mutata nella grande maggioranza delle neoplasie, fa parte di una famiglia di geni, noti come ‘soppressori tumorali’, che, quando sono attivi, impediscono lo sviluppo dei tumori. La funzione principale di p53 oggi nota è di bloccare le cellule che hanno subito un danno a livello del DNA nella fase G1. Tale blocco permette alla cellula di riparare il DNA e, se la riparazione non è possibile, avviare il processo di apoptosi (23).
3) enzimi della famiglia delle cisteina-proteasi chiamate caspasi rappresentati da 14 membri. Le caspasi sono sintetizzati nella cellula come precursori inattivi o procaspasi, che di solito sono attivati da altre caspasi con un processo “a cascata”.
Approssimativamente questi enzimi possono essere suddivisi in due gruppi, uno implicato nella fase iniziale dell’apoptosi e l’altro in quella di attuazione. La caspasi-3 è una classica caspasi implicata nella fase di attuazione che può essere attivata dalle caspasi-8 e -9, due enzimi classificabili come iniziatori. Una volta attivata, la caspasi-3 può spezzare una quantità di substrati proteici che portano al collasso e alla morte delle cellule. Quando uno stimolo apoptotico interno alla cellula (per es., la segnalazione da parte del nucleo di un problema grave e irreveresibile di danneggiamento del DNA) o esterno alla cellula (quale la segnalazione da parte di recettori posti sulla membrana plasmatica che comunicano un difetto di nutrienti o un preciso comando di induzione alla morte) raggiunge il mitocondrio, questo viene sconvolto da una serie di modificazioni significative. Fra queste la più importante è certamente il rilascio all’esterno di una proteina essenziale alla vita della cellula, il citocromo c che è generalmente impegnato nel trasporto di elettroni essenziale per la fosforilazione ossidativa, un processo che consente alla cellula di produrre diverse molecole di ATP, la principale fonte di energia per il metabolismo cellulare.
GENI CHE INIBISCONO L’APOPTOSI:
1) rientrano geni come bcl-2 e bcr-abl (20,21). Il primo oncogene di cui si è identificato un ruolo di controllo nel processo di apoptosi è stato bcl-2; le cellule in cui questo gene viene espresso a livelli elevati sono considerevolmente più resistenti all’induzione di apoptosi. È stato dimostrato che l’espressione del gene bcl-2 è associata al linfoma delle cellule follicolari e ciò ha suggerito che questo tipo di cancro possa essere dovuto più a una mancanza di morte cellulare che a un eccesso di proliferazione (21,22). L’espressione di bcl-2 sembra contribuire anche allo sviluppo e alla progressione di altri tipi di cancro, come quello della prostata. Un’altra conseguenza dell’elevata espressione di bcl-2 è una maggiore resistenza delle cellule ai farmaci antivirali e antiblastici.
2) Oltre a bcl-2 si sono dimostrati potenti inibitori dell’apoptosi anche bcr-abl e v-abl. Per esempio, la leucemia mieloide cronica è caratterizzata dalla traslocazione del gene c-abl dal cromosoma 7 al cromosoma 22.
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9 commenti
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