Ultimo aggiornamento 2022-03-03 20:44:32
Indice:
- Ciclo mestruale e fisiologiche alterazioni adolescenziali
- Menarca
- Disturbi mestruali nelle adolescenti
- Oligomenorrea
- Amenorrea primaria
- Amenorrea secondaria
- PCOS
- Sanguinamento Uterino Anomalo
- Sindrome Premestruale
- Dismenorrea
- Bibliografia
Ciclo mestruale e alterazioni adolescenziali fisiologiche: Si definisce ciclo mestruale il periodo che intercorre tra l’inizio di una mestruazione e l’inizio della successiva (1). Il ciclo mestruale è determinato dall’interazione ritmica di tre importanti strutture dell’organismo: l’ipotalamo, che secerne il “fattore di rilascio delle gonadotropine” (GnRH); l’ipofisi, che secerne le gonadotropine (FSH, LH) e l’ovaio, che ha due funzioni principali: la produzione di ormoni, in particolare l’estradiolo e il progesterone e la maturazione degli ovociti. Per tutta la durata del ciclo mestruale anche l’utero è sottoposto a cambiamenti in risposta alle variazioni delle concentrazioni ematiche degli estrogeni e del progesterone. In particolare gli estrogeni e il progesterone determinano a livello dell’endometrio la fase proliferativa, la fase secretiva ed infine la disgregazione, il cui risultato è il flusso mestruale (1). Il menarca avviene tipicamente entro 2-3 anni dal telarca, allo stadio IV di Tanner della maturazione mammaria, mentre è raro prima dello stadio III. L’età media del menarca è fra 12.5 anni ed entro i 15 anni il 98% delle ragazze ha già avuto il primo flusso mestruale. Contribuiscono a determinare l’età del menarca fattori genetici, socio-economici e nutrizionali, ma anche lo stato di salute generale. L’età media è diversa da Paese a Paese: in particolare il menarca sembra essere più precoce nei paesi più sviluppati e nelle aree urbane rispetto alle aree rurali.
Un ciclo mestruale ha normalmente un ritmo di 28-35 gg ed una durata di 2-7 giorni. Il flusso mestruale normale varia tra 25-69 ml (2). I cicli mestruali, nei primi 2 anni di mestruazione, sono irregolari nel 50%-60% delle adolescenti, con progressiva regolarizzazione a partire dal 2°-3°anno ginecologico. Inoltre, nei primi due anni dopo il menarca, il 55%-80% dei cicli mestruali sono anovulatori (2). L’ assenza di un completo sviluppo maturativo follicolare e dell’ovulazione nei primi anni ginecologici è probabilmente la conseguenza dell’immaturità dell’asse asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (3). Ad oggi non c’è ancora accordo tra gli autori su quale sia il momento in cui i cicli mestruali diventano ovulatori, secondo alcuni l’età ginecologica gioca un ruolo determinante sulla frequenza percentuale dei cicli ovulatori. In effetti, come dimostrato da Apter et al (4), ad un’età ginecologica di 2 anni la maggior parte dei cicli erano anovulatori, ma dopo 5 anni più dell’80% diventava ovulatorio.
Accanto a queste condizioni, definibili come alterazioni del ciclo mestruale fisiologiche, l’adolescente può presentare altri disturbi del ciclo mestruale, che si presenta irregolare ed anovulatorio in percentuali del 20-40% (1). Le anomalie del ciclo possono essere distinte in:
I) anomalie del ritmo, quali l’oligomenorrea (intervallo tra due cicli mestruali superiore ai 35 giorni), la polimenorrea (intervallo tra due cicli mestruali inferiore ai 25 giorni) e l’amenorrea (assenza di mestruazioni per almeno tre mesi). L’oligomenorrea rappresenta l’irregolarità mestruale più frequente nel I° anno (25%) e II° anno (20%) di età ginecologica. Nella maggior parte dei casi, l’oligomenorrea è da ricondurre allo stato di anovularietà fisiologica che si osserva nei primi anni dopo il menarca, secondaria alla fisiologica immaturità dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadico. Le adolescenti con oligomenorrea possono rientrare in 3 gruppi:
- oligomenorrea isolata,
- oligomenorrea associata a segni di iperandrogenismo (seborrea, acne, irsutismo: in tal caso l’oligomenorrea può essere suggestiva di patologia endocrina, la più frequente delle quali è la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).
- oligomenorrea associata a brusche variazioni ponderali, stress, attività fisica intensa: potrebbe essere sufficiente rimuovere il momento causale per ottenere una normalizzazione del ciclo.
Dinanzi a un’adolescente con oligo-amenorrea nei primi due anni dopo il menarca, con anamnesi ed esame obiettivo negativi, è possibile avere un atteggiamento di vigile attesa, che preveda controlli ogni 6 mesi con diario dettagliato dei cicli mestruali. In questi casi, è consigliabile eseguire le seguenti indagini: ecografia pelvica; al 3°-5° giorno del ciclo mestruale dosaggio sierico di FSH, LH, prolattina, estradiolo, 17-OH-progesterone (se sospetto di sindrome adreno-genitale), testosterone totale (se segni di iperandrogenismo); TSH, FT4; emocromo, transaminasi, screening per la malattia celiaca (in caso di sottopeso); insulinemia e glicemia basale o curva da carico orale di glucosio nelle pazienti obese e con familiarità per diabete.
II) anomalie di quantità e durata, quali l’ipomenorrea (perdita ematica inferiore a 20 ml), l’ipermenorrea (perdita ematica superiore agli 80 ml) e la menorragia (durata della mestruazione più lunga rispetto ad un ciclo normale)
III) anomalie di presentazione, quali la metrorragia (sanguinamento uterino che si verifica in qualsiasi momento del periodo intermestruale) e la menometrorragia (sanguinamento uterino eccessivo e prolungato che si verifica ad intervalli frequenti ed irregolari).
IV) Amenorrea Si definisce amenorrea l’assenza del flusso mestruale (7). L’amenorrea può essere distinta in una forma primaria, caratterizzata dalla mancata comparsa dei flussi mestruali dopo l’età di 14 anni in assenza dei caratteri sessuali secondari o dalla mancata comparsa dei flussi mestruali dopo l’età di 16 anni in presenza dei caratteri sessuali secondari ed in una forma secondaria, caratterizzata dalla mancanza del flusso mestruale dopo 3 cicli mestruali o dopo 6 mesi in una ragazza già mestruata (7, 8, 9). In alcuni periodi della vita di una donna la mancanza del flusso mestruale può essere definita fisiologica, in particolare prima della pubertà, dopo la menopausa, durante la gravidanza e, per un periodo più o meno lungo, durante l’allattamento. Le cause di amenorrea primaria e secondaria sono numerose, alcune volte le condizioni patologiche che sottendono l’una o l’altra forma possono essere del tutto sovrapponibili.
L’amenorrea primaria è causata nel 60% dei casi da malformazioni congenite degli organi genitali, nel 40% dei casi è invece dovuta ad endocrinopatie (pubertà ritardata ad eziologia ormonale o genetica) (1).
L’amenorrea secondaria : è più comune (1-3% nella popolazione femminile in età fertile rispetto alla forma primaria (0.1-2.5%) (8). Anche l’amenorrea secondaria, così come la forma primaria, può essere riconducibile a molteplici cause (1).
- Patologie uterine: S. di Ascherman, stenosi cervicali, stenosi vaginali, endometriti, Endometriosi
- Patologie ovariche: POF (Premature ovarian failure); Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS)
- Patologie ipotalamiche-ipofisarie secondarie: Ipogonadismo Ipogonadotropo secondario da
- S. di Sheehan
- Malnutrizione, anoressia, bulimia, eccessivo dimagrimento, ipoleptinemia (35-39);
- Intenso esercizio fisico, danza
- iperprolattinemia: l’associazione di iperprolattinamia con amenorrea prolungata può provocare gravi disturbi nella maturazione ossea dell’adolescente (40).
- somministrazione di Gn-RH-a, cocaina, oppioidi, tranquillanti, antidepressivi etc.;
- Stress emotivo, disturbi dell’umore e disturbi psichiatrici in genere sono molto frequenti nelle adolescenti e possono provocare alterazioni della pulsatilità del GnRH;
- epilessia, emicrania, disturbi bipolari (S. depressiva-maniacale) sono spesso associati ad alterazioni del ciclo nelle adolescenti soprattutto in assenza di terapia (40). Ma la stessa terapia neurologica (valproato, gabapentin, carbamazepine, topiramato) può indurre l’insorgenza di PCOS nel 10% circa delle pazienti (41,42) mentre molti farmaci ansiolitici e antipsicotici inducono iperprolattinemia (40-43). Alcuni AA. hanno rilevato un’aumentata incidenza di PCOS nelle donne con epilessia; la spiegazione potrebbe essere la vicinanza del focus epilettico ai neuroni secretori del Gn-RH (40-48). Mentre nelle adolescenti con problemi psichiatrici si osserva un’aumentata frequenza di ipogonadismo ipogonadotropo (40)
- Irradiazione cranica (10);
- Tumori (craniofaringioma);
- Patologie sistemiche: diabete, lupus, tireopatie, Cushing
- Idiopatica
DIAGNOSTICA –
Nell’approccio diagnostico alle adolescenti con amenorrea le indagini fondamentali sono quelle tradizionali: un’accurata anamnesi ed un attento esame obiettivo (11). Una particolare attenzione dovrà essere rivolta a: tempi e modalità di comparsa dell’amenorrea, eventuali variazioni ponderali, tipo di alimentazione, svolgimento di attività fisica ed entità dello svolgimento, aumento della peluria, comparsa di “flushing”, presenza di algie pelviche (possibile espressione di raccolta di sangue nell’utero, ematometra, per impervietà delle vie genitali nelle amenorree primarie senza ritardo puberale), presenza di galattorrea, assunzione di farmaci, presenza di motivi di stress. L’anamnesi dovrebbe inoltre includere domande riguardanti l’attività sessuale dell’adolescente; è necessario infatti sempre considerare la possibilità di una gravidanza. Durante la valutazione clinica della paziente è importante effettuare dapprima una valutazione auxologia completa, con valutazione della curva di accrescimento staturale (sospetto di ritardo costituzionale di crescita), ponderale (aumento del BMI) e dello stadio puberale. Un aumento del BMI unitamente al reperto obiettivo di irsutismo ed acne potrebbe indurre il sospetto di PCOS. La presenza di bassa statura invece associata a caratteristiche dismorfiche potrebbe indurre il sospetto di sindrome di Turner. Importante inoltre l’esame senologico, per escludere la presenza di galattorrea. La visita ginecologica può fornire indicazioni utili in caso di malformazioni dell’apparato genitale (imene imperforato, setto vaginale trasverso), per valutare la presenza di segni di ipoestrogenismo (vagina distrofica con collo uterino privo di muco). Le indagini da eseguire in prima istanza dovranno includere indagini laboratoristiche con dosaggi ormonali: fattore di crescita insulino-simile (IGF-I) che normalmente aumenta sino ai 18-20 anni, poi tende a ridursi, più nettamente a partire dai 25 e ancor più dai 30 anni. L’IGF-I stimola non solo la crescita e il rafforzamento dei tessuti ma anche la funzione ovarica. FSH, LH, PRL, estradiolo, funzionalità tiroidea; testosterone, androstendione, DHEAS, 17OH progesterone e cortisoluria delle 24h (in caso di note di iperandrogenismo) e MAP test (test da stimolo con medrossiprogesterone acetato per valutazione dell’assetto estrogenico) ed indagini strumentali (ecografia pelvica addominale) (11). Il risultato di tali indagini confermerà o meno il sospetto diagnostico e guiderà nella scelta di ulteriori approfondimenti laboratoristici-strumentali, dove necessari. La terapia dell’adolescente con amenorrea prevede la cura dei fattori eziologici, che talvolta può basarsi semplicemente su modificazioni dello stile di vita (riduzione del peso, rimozione di situazioni stressanti, etc…) associate all’impiego di terapie ormonali (estrogeni, progestinici), altre volte può richiedere intervento chirurgico (neoplasia ovarica o surrenalica, craniofaringiomi, anomalie del tratto genitale, etc..) (8, 11).
PCOS Quando l’amenorrea è associata ad iperandrogenismo la causa sottostante più comune in età adolescenziale è rappresentata dalla Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS) (12). La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è il disordine endocrino più comune nelle donne in età riproduttiva ed è una delle cause principali di infertilità femminile(12). Nel 1990 il NIH/NICHD (National Institutes of Health/National Institute of Child Health and Human Disease) (13, 14) ha proposto i seguenti criteri diagnostici di PCOS: presenza di iperandrogenismo (clinico o biochimico), oligovulazione ed esclusione di altri disordini che possono causare “ovaio policistico”. Una più dettagliata definizione è stata proposta in seguito nel 2003 da un gruppo di ricerca dell’ESHRE/ASRM (European Society for Human Reproduction and Embryology/American Society for Reproductive Medicine) (15, 16). Secondo tale definizione la diagnosi di PCOS può essere fatta in presenza di almeno 2 delle seguenti caratteristiche: anovulazione cronica, segni clinici o biochimici di iperandrogenismo e riscontro ecografico di “ovaio policistico.” Sebbene i criteri proposti dal gruppo di Rotterdam rappresentino le caratteristiche chiave della PCOS, diversi studi hanno dimostrato come alcune donne affette da PCOS possano anche non presentare uno o più di tali manifestazioni cliniche. In effetti nonostante il 75% delle donne con diagnosi clinica di PCOS presenta “ovaio policistico” all’ecografia pelvica, non tutte le donne affette da PCOS hanno tale riscontro ecografico (13, 17, 18, 19). Inoltre, sebbene nel 66% delle adolescenti la PCOS si manifesta con alterazioni del ciclo mestruale, quali l’ oligomenorrea nel 47% dei casi e l’amenorrea nel 19% (13), il 20% delle pazienti con PCOS può presentare eumenorrea (13, 20, 21). Dati analoghi sono stati riscontrati anche nei livelli ematici di androgeni e nelle manifestazioni cliniche di iperandrogenismo. Il 60-80% delle pazienti con PCOS presenta segni clinici di iperandrogensimo (21), tra cui irsutismo nel 60% dei casi, acne nel 15-20% dei casi ed alopecia androgenica nel 5% dei casi (13). Tuttavia, il 20-40% dei casi delle donne con PCOS possono presentare valori di androgeni nella norma (20). Sulla base di tali osservazioni la definizione di Rotterdam è stata recentemente revisionata dalla AES (Androgen Excess Society) (13), che ha proposto i seguenti criteri diagnostici di PCOS: presenza di iperandrogenismo (irsutismo e/o iperandrogenemia); presenza di sintomi o segni di disfunzione ovarica (oligoanovulazione e/o aspetto dell’ovaio policistico) e assenza di patologie che possono causare iperandrogenismo. Il preciso meccanismo patogenetico della PCOS è tutt’oggi oggetto di studio. Oltre alla presenza di un meccanismo di “disregolazione” dell’asse ipotalamo-ipofisiovaie (12), lo sviluppo di tale sindrome sarebbe il risultato dell’interazione di una serie di fattori di rischio. Tra questi i più importanti sono la familiarità (22), l’etnia (12), i fattori genetici (geni che regolano l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi e l’azione e la secrezione dell’insulina)(12), il basso peso alla nascita, l’adrenarca precoce, l’obesità e l’insulino-resistenza(22).
Le principali strategie terapeutiche (12) nella paziente con PCOS devono mirare ad una riduzione del peso, a modificare lo stile di vita (aumento dell’attività fisica), a ridurre i livelli di androgeni (bloccando l’effetto periferico degli androgeni), ad incrementare la sensibilità all’insulina e all’utilizzo di un’adeguata terapia ormonale (23). Le irregolarità mestruali sono di solito il problema principale per l’adolescente con PCOS, ma il medico deve tener conto anche delle implicazioni a lungo termine, dell’obesità spesso associata, della ridotta fertilità, del rischio di iperplasia e carcinoma endometriale e degli associati rischi cardiovascolari. L’obesità peggiora il quadro clinico e quindi tutte le obese vanno incoraggiate a perdere peso e vanno indagate in merito alla tolleranza glucidica con OGTT per glicemia ed insulina: fino a un terzo delle adolescenti con PCOS mostra uno stato di IGT. L’uso della metformina si è fatto via via più diffuso per correggere l’iperinsulinemia spesso presente nelle donne con PCOS, con un associato miglioramento del pattern mestruale. Per quanto riguarda l’irsutismo, il trattamento ottimale combina metodi cosmetici e farmacologici, quest’ultimi capaci di impedire un peggioramento dell’irsutismo e di ridurre la velocità di ricrescita del pelo dopo la rimozione fisica, ma non efficaci sul pelo già presente. L’iperandrogenismo può essere trattato con una combinazione di estrogeni e un anti-androgeno quale il ciproterone acetato. Esso agisce da inibitore competitivo del recettore degli androgeni. Seppur raramente, può causare danno epatico e quindi la funzionalità epatica andrebbe valutata dopo 6 mesi e poi annualmente. In alternativa possono essere utilizzati, anche se off label, altri anti-androgeni quali flutamide e spironolattone.
Sanguinamento Uterino Anomalo (Abnormal Uterine Bleeding AUB): con il termine “Sanguinamento Uterino Anomalo” viene indicata una perdita ematica uterina anormale per quantità, durata e frequenza (2). In particolare, nella definizione di Sanguinamento Uterino Anomalo sono incluse la menorragia (durata della mestruazione più lunga rispetto ad un ciclo normale), la metrorragia (sanguinamenti non mestruali o intermestruali) e la menometrorragia (sanguinamento uterino eccessivo e prolungato che si verifica ad intervalli frequenti ed irregolari) (2). Nelle adolescenti la forma di AUB che si riscontra fino al 95% dei casi è quello disfunzionale, condizione caratterizzata da una perdita ematica uterina anomala per quantità e durata in assenza di causa organica. Tale disordine è da ricondurre alla fisiologica immaturità dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio. Tuttavia, poiché la diagnosi di AUB disfunzionale è una diagnosi di esclusione è necessario che vengano escluse tutte le altre possibili cause di Sanguinamento Uterino Anomalo (2), la più frequente delle quali è rappresentata dai disordini della coagulazione (24, 25).
Principali cause di Sanguinamento Uterino Anomalo
- Disordini della coagulazione (12-33%) Trombocitopenia Idiopatica Pura; Malattia di Von Willebrand; Alterazione dell’attività piastrinica .
- Complicanze di uno stato di gravidanza, minaccia di aborto; Gravidanza Ectopica; Aborto (completo, spontaneo, indotto)
- Infezioni del tratto genitale: vaginiti; cerviciti; endometriti; salpingo-ooforiti
- Endocrinopatie Tireopatia; PCOS; Iperprolattinemia; Alterazioni ipotalamiche; Ipercortisolismo
- Trattamenti farmacologici: Ac. Acetilsalicilico;
- Terapie ormonali
- Lesioni traumatiche
- Patologia sistemica: epatopatie, beta-talassemia, LES, nefropatie, s.mieloproliferative
- Lesioni benigne del tratto genitale: Polipo Cervicale; Adenosi Vaginale; Endometriosi; Leiomioma
- Lesioni maligne del tratto genitale: carcinoma vaginale; carcinoma cervicale; cancro ovarico.
L’età è un fattore importante nell’approccio diagnostico alla paziente con Sanguinamento Uterino Anomalo; le cause organiche infatti, incluse le neoplasie ginecologiche, diventano più frequenti mano a mano che aumenta l’età.
L’approccio diagnostico all’adolescente con Sanguinamento Uterino Anomalo (menorragia, metrorragia, etc..) deve sempre comprendere un’accurata anamnesi familiare (presenza di alterazioni della coagulazione; tendenza all’ipermenorrea di madre o sorelle); l’anamnesi patologica remota e prossima (interventi chirurgici, traumi, epistassi, sanguinamenti gengivali, patologie pregresse o in atto, uso di farmaci) e l’anamnesi ginecologica, che dovrà focalizzarsi sull’età del menarca, la frequenza e la regolarità dei cicli mestruali, la presenza di dismenorrea e di dolori addomino-pelvici, la valutazione del numero degli assorbenti utilizzati, la valutazione del tipo di assorbente e dell’entità di imbibizione dell’assorbente, l’eventuale attività sessuale (per considerare una gravidanza e la conseguente patologia) e l’ uso di contraccettivi orali (2). Durante l’esame obiettivo è importante eseguire un’accurata ispezione sia del corpo della paziente (petecchie, ecchimosi) sia dei genitali esterni (valutazione stadio puberale, traumi), associata alla palpazione addominale (2). A confermare o meno il sospetto diagnostico saranno le indagini laboratoristiche e strumentali, che riguarderanno indagini di primo livello, tra cui esami ematici (emocromo, screening emocoagulativo, ferritina, indici di funzionalità epatica) ed ecografia pelvica (valutazione morfologica uterina ed ovarica), a cui seguiranno in caso di necessità una valutazione laboratoristica endocrinologica, comprendente il dosaggio del progesterone plasmatico (3-5 giorni prima del flusso mestruale per valutare l’avvenuta o meno ovulazione), della BHCG (gravidanza, patologie tumorali secernenti), di FSH e di LH, della prolattina (stress e tumori ipofisari), del cortisolo e la valutazione della funzionalità tiroidea (02). La terapia del Sanguinamento Uterino Anomalo dipenderà dall’entità di quest’ultimo e dalla causa ad esso sottostante, richiedendo tuttavia il ricovero immediato negli stati ipovolemici.
Sindrome Premestruale La sindrome premestruale è un’entità clinica non ben definita, caratterizzata da sintomi fisici, psichici e comportamentali, non secondaria a malattie organiche, che si manifesta durante la fase luteale del ciclo mestruale (27). Sebbene nella maggior parte della adolescenti la sintomatologia viene riferita di lieve entità, diversi studi suggeriscono che più del 20% delle donne in età riproduttiva presenterebbe dei disturbi premestruali clinicamente rilevanti (28) e circa il 40%-70% delle ragazze di età compresa tra 12 e 17 anni è affetta da dismenorrea (5,6). La durata della sintomatologia può variare da pochi giorni a due settimane (5) ed è caratterizzata dalla presenza di: • depressione, irritabilità, alterazione del tono dell’umore, crisi dì pianto, scarsa concentrazione, insonnia (sintomi psichici); • sensazione di gonfiore addominale, edemi periferici, tensione mammaria, mastodinia, palpitazioni, cefalea e vertigini (sintomi fisici). I meccanismi fisiopatologici responsabili della sindrome premestruale non sono stati ancora identificati in modo definitivo, tuttavia sono state proposte diverse ipotesi eziopatogenetiche: alterato rapporto estrogeni/ progesterone (deficit di progesterone); variazioni cicliche dei peptidi oppioidi endogeni e dei mediatori della trasmissione degli impulsi nervosi; alterazione della sintesi delle prostaglandine; alterazione del ricambio idrosalino da difetto o eccesso degli ormoni regolatori (ormone antidiuretico, aldosterone, cortisolo, etc..); eccesso di prolattina (5). Non esistono test diagnostici specifici per la sindrome premestruale. La diagnosi si basa su alcuni criteri clinici definiti dalla Associazione Americana di Psichiatria (29), che devono essere temporaneamente correlati al ciclo mestruale, insorgendo durante la fase luteinica e scomparendo dopo la comparsa delle mestruazioni. Per poter porre diagnosi di sindrome premestruale (5) devono essere presenti almeno cinque fra le seguenti manifestazioni cliniche (di cui una deve essere sempre tra le prime quattro):
1. depressione o disforia
2. marcata ansietà o tensione
3.labilità affettiva (insorgenza di tristezza, pianto)
4. irritabilità
5. diminuito interesse per le attività usuali
6. difficoltà di concentrazione
7. marcata perdita di energia
8. variazione dell’appetito (esagerata assunzione o eccessivo desiderio di cibo)
9. insonnia o sonnolenza
10. facilità alla stanchezza
11. sintomi fisici (tensione mammaria, edema).
La terapia della sindrome premestruale nell’adolescente deve essere mirata alla risoluzione della sintomatologia presentata dalla paziente (supporto psicoterapeutico per sintomi psichici; riduzione del consumo di tè, ceffè in caso di ansia, etc,,,) (26). In caso di dolore pelvico o cefalea è consigliabile l’utilizzo di analgesici, antiprostaglandinici e contraccettivi orali (5).
Dismenorrea Viene definita dismenorrea una mestruazione dolorosa, caratterizzata dalla presenza di disturbi generali o locali e da dolori che interessano in genere la regione pelvica e l’addome. La dismenorrea è stata segnalata nel 40%-70% delle ragazze di età compresa tra 12 e 17 anni e nel 15%-20% dei casi è di tale entità da indurre assenteismo scolastico o lavorativo (6). Tuttavia stabilire la reale prevalenza di tale alterazione mestruale è difficile, in quanto nella maggior parte dei casi le adolescenti non consultano il medico per questo problema (30). I dati disponibili in letteratura documentano che più del 98% delle adolescenti usa metodi non farmacologici (riposo, calore, distrazione) (31). In alcuni studi condotti su differenti popolazioni il 30-70% delle adolescenti assume occasionalmente analgesici (32,33) e il 57% ne assume una dose non terapeutica (33). La dismenorrea si distingue in una forma primaria, non sostenuta da patologia pelvica ed in una forma secondaria, conseguente a patologia pelvica. Nella dismenorrea primaria il dolore insorge generalmente con l’inizio del flusso mestruale o entro poche ore prima o dopo la comparsa del ciclo, raggiunge la massima intensità entro 24 h e può durare per 1-2 giorni (6). Il dolore, in genere crampiforme, intermittente, è localizzato a livello dell’area pelvica e può irradiarsi in regione inguinale, lombare e agli arti inferiori. A tale sintomatologia possono inoltre associarsi astenia (85%), nausea e vomito (89%), cefalea, perdita dell’appetito, “flushing”, modificazioni dell’umore (nervosismo, irritabilità, depressione) (6). La severità dei sintomi della dismenorrea è positivamente correlata con un menarca precoce e con un flusso mestruale di lunga durata ed intensità (34). Il meccanismo patogenetico alla base della dismenorrea primaria non è stato ancora completamente chiarito. La sintomatologia potrebbe essere spiegata dall’azione delle prostaglandine (PGE2 e PGF2 alfa) prodotte a partire da acidi grassi liberati dalle membrane cellulari danneggiate dell’endometrio (1), le quali agirebbero sul miometrio causando aumento del tono uterino a riposo, ischemia tissutale da ipercontrattilità uterina ed ipersensibilità delle terminazioni nervose (6). La dismenorrea di tipo secondario è meno frequente di quella primaria, interessa circa il 10% delle adolescenti. (6). Le cause più comuni di dismenorrea secondaria sono le seguenti: endometriosi (45%- 70%), patologie della vagina (imene imperforato, setti vaginali trasversi), della cervice (stenosi della cervice), patologie uterine (malformazioni congenite, adenomiosi, fibromi uterini), ovariche (cisti ovariche, neoplasie) e delle salpingi (flogosi pelviche, acute e croniche) (6). Nella dismenorrea secondaria il dolore è di tipo pelvico persistente e può associarsi a dispareunia e metrorragia. Dinanzi ad una paziente che riferisce dismenorrea è importante indagare l’ età del menarca, il pattern mestruale, il tempo di insorgenza e le caratteristiche (intensità e durata) del dolore mestruale, l’assunzione di farmaci analgesici e il loro effetto, l’attività sessuale dell’adolescente, l’utilizzo di metodiche di contraccezione (uso del condom), la familiarità. Nel sospetto di dismenorrea secondaria dovranno essere richieste indagini cliniche (visita ginecologica), laboratoristiche (VES, esame emocromocitometrico) e strumentali (ecografia uterina ed in casi selezionati laparoscopia) (6). Il trattamento di scelta si avvale dei FANS (naprossene, ibuprofene, ketoprofene) e deve essere iniziato idealmente 48h prima della comparsa del flusso mestruale, ma può essere iniziato anche alla comparsa del flusso. In caso di dismenorrea primaria non rispondente ai FANS può essere iniziata terapia ormonale con pillola a base di estrogeni e, in caso di sintomatologia severa, pillola a base di progestinico (Norgestrel o Levonorgestel) (6). Dinanzi ad una dismenorrea primaria non responsiva alla terapia con FANS e ormonale dopo un periodo di almeno tre mesi, bisogna sospettare che si tratti di una forma di dismenorrea secondaria, la cui terapia è mirata alla risoluzione della patologia sottostante (6).
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