Home Cardiologia Infarto del miocardio; eziologia, diagnostica e sintomatologia

Infarto del miocardio; eziologia, diagnostica e sintomatologia

Myocardial infarction

Da dottvolpicelli

L’infarto del miocardio è un’emergenza medica gravissima in cui il muscolo cardiaco inizia a morire perché non riceve abbastanza flusso sanguigno. Di solito questo è causato da un blocco nelle arterie che forniscono sangue al cuore. Se il flusso coronarico non viene ripristinato rapidamente, possono verificarsi danni cardiaci permanenti e morte.

Fino all’età di 50 anni gli uomini  sono a rischio maggiore di infarto rispetto alle donne.

EZIOLOGIA – La stragrande maggioranza degli infarti cardiaci si verifica a causa di un blocco della circolazione in una delle arterie coronariche quasi sempre interessate da processi aterosclerotici. Il restringimento aterosclerotico del calibro delle aa. coronariche può essere causa di trombosi.

Nel 5% dei casi però l’infarto può verificarsi anche in assenza di ostruzione meccanica  coronarica. In tali casi l’infarto del miocardio può verificarsi per i seguenti motivi:

  • Spasmo dell’arteria coronaria .
  • Condizioni mediche rare : qualsiasi malattia che causi un restringimento insolito dei vasi sanguigni.
  • Trauma: rotture nelle arterie coronarie.
  • Ostruzione proveniente da qualche altra parte del corpo: un coagulo di sangue o una bolla d’aria (embolia) che rimane intrappolato in un’arteria coronaria.
  • Squilibrio elettrolitico .
  • Disturbi alimentari: nel tempo, questi possono danneggiare il cuore e alla fine provocare un infarto.
  • Takotsubo o cardiomiopatia da stress .
  • Arterie coronarie anomale (un difetto cardiaco congenito alla nascita in cui le arterie coronarie si trovano in posizioni diverse rispetto al normale nel corpo. La compressione di queste provoca un attacco cardiaco).

FATTORI DI RISCHIO

  • Età e sesso : il rischio di infarto aumenta con l’avanzare dell’età. Per i maschi il rischio di infarto aumenta all’età di 45 anni. Per le donne il rischio di infarto aumenta all’età di 50 anni o dopo la menopausa con la caduta della s. Patologia come l’endometriosi aumentano il rischio di infarto come pure la terapia contraccettiva orale e la terapia ormonale sostitutiva (HRT).
  • Storia familiare di malattie cardiache: la presenza di un familiare di I° grado con anamnesi positiva costituisce un fattore di rischio soprattutto se l’evento si è verificato ad un’età <50 anni.
  • Stile di vita: il fumo, la vita sedentaria, il consumo eccessivo di alcol e l’uso di droghe, stress e obesità costituiscono un grave fattore di rischio.
  • Malattie pregresse o in atto: includono diabete, obesità, ipertensione, ipercolesterolemia, disturbi alimentari e, nelle donne, gestosi e/o eclampsia gravidica.

DIAGNOSTICA

  • Anamnesi
  • Esame obiettivo: possono essere presenti pallore, sudorazione profusa, tachicardia, irregolarità del battito cardiaco. Se è presente scompenso cardiaco congestizio, si evidenziano rantoli ed edemizzazione declive. La distensione venosa giugulare è comune nell’infarto ventricolare destro.
  • Sintomi: nel 25% dei casi è asintomatico. I sintomi classici dell’infarto includono:
    • Dolore toracico di tipo anginoso ma più intenso e prolungato (>30 minuti). Inizialmente toracico il dolore può diffondersi al braccio sinistro (o entrambe le braccia), spalla, collo, mascella, in zona lombo-sacrale. Non completamente reversibile con il riposo e la somministrazione di nitroglicerina e spesso accompagnato da nausea, sudorazione profusa ed eretismo.
      • Dispnea
      • Senso di affaticamento.
      • Insonnia
      • Pirosi gastrica
      • Cardiopalmo
      • Ansia o sensazione di “sventura imminente”.
      • Sensazione di stordimento, vertigini o svenimento.
  • Indagini di laboratorio: durante un infarto, il danno alle cellule del muscolo cardiaco provoca quasi sempre la comparsa nel flusso sanguigno di un marcatore chimico, la troponina cardiaca. Resta elevata per 1-2 settimane. La creatinkinasi (CK) aumenta in 4-8 ore, ha un picco a 24 ore e ritorna ai valori basali in 48-72 ore ma può aumentare anche dopo esercizio fisico intenso e dopo traumi muscolo-scheletrici.  L’isoenzima CK-MB è più specifico per l’IMA ma può aumentare anche nelle miocarditi o dopo cardioversione elettrica.  Il rapporto CK-MB/CK ≥2,5 suggerisce un IMA.   Le Organizzazioni Cardiologiche unificate (ESC/ACCF/AHA/WHF) oggi pongono al centro della diagnosi di infarto miocardico i biomarcatori.
  • Elettrocardiogramma: sovraslivellamento del tratto ST (STEMI) seguito da inversione dell’onda T, quindi nell’arco di alcune ore si manifesta l’onda Q. Oppure sottoslivellamento del tratto ST seguito da inversione dell’onda T senza sviluppo dell’onda Q. Tale sopraslivellamento del tratto ST deve essere  ≥1 mm in due o più derivazioni periferiche contigue (2 mm in V1-V3). Nelle derivazioni opposte si registrerà un sottoslivellamento “speculare”.
    Onda Q patologica – Le onde Q patologiche sono onde di necrosi. Nel miocardio infartuato, il tessuto necrotico non produce potenziale d’azione, pertanto nessuna forza elettrica o forze elettriche ridotte si dirigono verso l’elettrodo soprastante la zona infartuata. In questo caso, un’attività elettrica di maggiore entità, relativa alla parete opposta non infartuata, si allontana dall’elettrodo registrando quindi forze negative che producono un ampia onda Q. Gli infarti con Q mostrano minore risoluzione dell’ST, maggiore incidenza di acinesia, discinesia, minore frazione di eiezione e peggiore evoluzione a un anno (mortalità, reinfarto e insufficienza cardiaca). La valutazione dell’onda Q anomala è attualmente considerata uno strumento insostituibile per lo screening dei pazienti con pregresso infarto.
  • Ecocardiogramma: evidenzia alterazioni cinetiche parietali ma non può distinguere un IMA da cicatrici infartuali precedenti.
  • Angiogramma: questo test valuta la corretta irrorazione cardiaca in tempo reale.
  • Scansione tomografia computerizzata (TAC) del cuore
  • MRI cardiaca: questo test ricostruisce un’immagine  cuore.
  • Scintigrafia miocardica: identifica regioni di ipoperfusione ma non è specifica per IMA.

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