Triploidia – sindrome caratterizzata dalla presenza di un set cromosomico aploide extra, tre cromosomi (3N) di ogni tipo; Il patrimonio genetico è costituito da 69 cromosomi (69XXX, 69XXY, 69XYY).
Generalmente è frutto di un errore nella fase di meiosi (non disgiunzione) dell’organismo parentale, che ha prodotto un gamete con due anziché un unico cromosoma per ogni tipo, il quale, combinandosi con un gamete aploide normale del partner darà origine allo zigote triploide (3N).
Epidemiologia: la triploidia si verifica nel 2.5% delle gravidanze e si ritrova nel 20% degli aborti spontanei del I° trimestre con anomalie cromosomiche.
Eziologia: La dispermia è la causa più frequente di triploidia; infatti la maggior parte dei triploidi diandrici risulta dalla fecondazione simultanea di due spermatozoi. Altre triploidie di origine diandrica derivano dalla normale fecondazione dell’ovulo da parte di uno spermatozoo diploide, risultato della completa non disgiunzione durante la spermatogenesi (1,2).
Le triploidie di origine diginica derivano dalla fecondazione di un ovocita primario o dalla fecondazione di un ovocita diploide che è un prodotto della non disgiunzione durante la meiosi I, la meiosi II o la ritenzione di un corpuscolo polare (3-6).
CLASSIFICAZIONE – La triploidia si manifesta con due differenti modalità:
- triploidia diandrica (triploidia I): due dei tre set aploidi sono di origine paterna
- triploidia diginica (triploidia II): due dei tre set aploidi sono di origine materna
La diandria (69 XYY) è associata ad una degenerazione molare del trofoblasto placentare e villare e crescita fetale normale.
La diginia (69XXY) è associata ad una crescita placentare deficitaria e ad una marcata riduzione dello sviluppo fetale.
L’incidenza della triploidia nei nati vivi è 1: 10.000.
DIAGNOSI – La diagnosi viene sospettata quando si rileva all’ecografia un ritardo di crescita (IUGR) con macrocefalia, oligoidramnios, idrocefalia, micrognatia, microftalmia, sindattilia, atresia duodenale (rlevabile alla scansione ecografia con la classica “doppia bolla”).
La translucenza nucale fetale nel primo trimestre è frequentemente aumentata (>6 mm) nei feti con triploidia (8,9).
Le caratteristiche principali che dovrebbero avvisare l’ecografista della possibile diagnosi di triploidia sono le alterazioni molari parziali o una grave restrizione della crescita fetale asimmetrica in presenza di una placenta apparentemente normale (13-17).
Nel 25% dei casi ci sono difetti del tubo neurale; onfalocele o gastroschisi nel 10-18% dei feti affetti e anomalie dei genitali maschili.
Altre malformazioni fetali presenti possono essere macrocefalia, anomalie cardiache, ipoplasia polmonare, S. Dandy-Walker, spina bifida, cisti renali, basso impianto delle orecchie, ventricolomegalia, difetti del setto atriale e ventricolare ed ernia diaframmatica.
La placenta piccola e non cistica è associata alla triploidia diginica e la triploidia diandrica è associata a placenta anormalmente grande e cistica che ricorda la mola idatiforme parziale (10-12).
- Cariotipo fetale
- Amniocentesi precoce
- NT aumentata
- aumento di ß-hCG e di AFP
- diminuzione di PAPP-A
- estriolo non coniugato (uE3)
OUTCOME – La maggior parte dei feti con triploidia esita in aborto spontaneo entro il primo trimestre di gravidanza, solo 1/3 supera le 15 settimane di gestazione. La triploidia è presente in circa l’1-13% degli aborti spontanei.
La diagnosi di completa triploidia (no mosaicismo) è considerata letale, in quanto non ci sono stati bambini sopravvissuti oltre i 10 mesi di vita, la morte sopraggiunge per complicanze delle patologie cardiache e polmonari.
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